Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

il sito web della comunità parrocchiale San Giuseppe di Dalmine

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Il santuario di Ise

In un romanzo, “Il fiore dell’illusione” un giovane giapponese racconta al protagonista Francesco che nel suo paese esiste, nella città di Ise, un grande santuario shintoista consacrato alla dea Amaterasu Omikami che ha una particolarità veramente interessante che sa dell’incredibile: ogni vent’anni il santuario viene distrutto per essere ricostruito esattamente identico. Le spese per sostenere questa impresa sono evidentemente ogni volta esorbitanti.

Siccome non ci credevo, magari, pensavo, è una finzione letteraria dentro il romanzo, faccio una piccola ricerca in rete e scopro che il fatto è vero e scopro anche che l’attuale edificio del santuario è stato costruito nel 2013 e che la prossima demolizione e la successiva ricostruzione è perciò in programma nel 2033.

Il santuario attuale è la sessantaduesima ricostruzione.

Questa tradizione shintoista suscita molte suggestioni. La ricostruzione del tempio richiama il profondo significato spirituale della rinascita. Questo pensiero mi ha richiamato immediatamente che anche Gesù, osservando le pietre del tempio di Gerusalemme afferma: “Distruggete questo tempio e in tre giorni io lo ricostruirò”. Si riferiva alla sua risurrezione e al suo corpo che è il vero tempio.

Quindi il messaggio che richiama la continua necessità di rinnovamento mi pare ampiamente veicolato da questa antica tradizione, come pure l’idea che tutte le cose sono transitorie, non durano in eterno.

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Sarà un giorno come tutti gli altri

Quando si giunge ad Amalfi, un po’ nascosta, sotto un portichetto di passaggio pedonale, c’è una targa che attira l’attenzione del turista.

La targa riporta una citazione di Renato Fucini un simpatico poeta del secolo scorso, noto anche come Neri Tanfucio, anagramma del suo nome.  La targa dice: dice: “Nel giorno del giudizio, per gli amalfitani che andranno in paradiso, sarà un giorno come tutti gli altri”.

Siamo nel bellissimo contesto della costiera amalfitana, uno dei luoghi maggiormente visitati del nostro Bel Paese.

Amalfi è il principale centro della costiera, un comune di appena 4 mila abitanti ma dal passato glorioso per essere stata repubblica marinara nell’alto medioevo, oggi patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

Il poeta Fucini visitò Amalfi nel 1877, dopo aver visitato Napoli dalla quale fuggì con una cattiva impressione per il disordine ed il “sudiciume”.

Giunto ad Amalfi la definì la definì immediatamente “un paradiso” e scrisse questo verso inciso nella targa.

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La domenica della Parola

Sei anni fa papa Francesco ha istituito la “domenica della Parola” che ogni anno viene celebrata l’ultima domenica di gennaio, quest’anno, appunto, domenica 26.

L’obiettivo principale di questa giornata è di ricordare l’importanza delle Sacre Scritture nella vita dei cristiani.

Ogni anno il Papa al termine della solenne celebrazione nella basilica di San Pietro distribuisce ai partecipanti il Vangelo di Luca, è un desiderio preciso del Papa di diffondere, in maniera tangibile, la Parola di Dio.

Desidero condividere due riflessioni per questa giornata. La prima: quando si istituisce una Giornata lo si fa per promuovere l’attenzione ad un tema che piano piano sta perdendo interesse nella vita ordinaria. Quindi il Papa ha preso semplicemente atto che è sempre più considerevole la distanza tra la Parola e i cattolici. In realtà nella messa e nella liturgia delle ore c’è una sovrabbondante proposta della Parola. Ma coloro non partecipano alla Messa e non pregano le Lodi e i Vespri non ascoltano la Parola. Si auspica che lo facciano personalmente nel raccoglimento della propria coscienza. E questo non si può escluderlo a priori anche se molti sono gli indizi che lascerebbero intendere il contrario.

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Camminano senza stancarsi

Come va? Prova a fare questa domanda a chi incontri. Nella maggior parte dei casi ti sentirai rispondere: sono stanco, sono stanca.

La vita è pesante per tutti. C’è una stanchezza che come una coltre pesante avvolge la nostra esistenza. Una stanchezza che pare sfiancare anche i più giovani.

Sentite che bella questa breve poesia di Alda Merini.

Ho bisogno di alleggerire le spalle, 

perché è da troppo tempo 

che sono cariche di pesi che non ho voluto, non ho chiesto. 

E poi ci sono sotto le mie ali, ci sono io… 

che ho bisogno di volare.

La stanchezza è causata dai pesi che dobbiamo portare e che sovrastano le nostre ali. Come non pensare al gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach oppresso dalle vicende che lo costringono a rimanere sottomesso a tradizioni insopportabili, oppure alla famosa favola di Anthony De Mello dell’aquila che non vola perché si crede una gallina, oppure.

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LGBTQ+

In uno dei nostri consueti incontri di formazione con i preti della fraternità ci siamo soffermarti nel confronto sul tema: l’atteggiamento della chiesa nei confronti del mondo LGBTQ+.

I sacerdoti della fraternità sono i sacerdoti delle 7 parrocchie di Dalmine, di Osio Sotto, Osio Sopra e di Levate. Un paio di volte al mese ci incontriamo invitando qualcuno che ci presenti una traccia di riflessione seguita da una conversazione tra noi.

Nell’ultimo incontro abbiamo invitato don Giorgio Antonioli, direttore dell’Ufficio diocesano della Pastorale familiare.

Il tema è uno di quelli belli tosti. Si chiamano incontri di formazione permanente perché sono occasioni nelle quali la “forma” di ciascuno di noi sia sempre più modellata sul progetto evangelico con una fedeltà di fondo alla cultura storica in cui viviamo. Proprio per questo il tema è uno di quelli belli tosti, perché la cultura storica del nostro tempo è radicalmente cambiata e ci chiede di riformulare i criteri etici del nostro giudizio.

L’incontro è durato due ore e provo a riassumere in sintesi i passaggi che maggiormente mi hanno colpito.

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La colomba della pace

Nel piccolo paese di Vallauris, tra Cannes e Nizza, c’è la bellissima cappella della Guerra e della Pace dipinta da Picasso.

È un’opera di grande impatto emotivo. Dopo aver dipinto Guernica nel 1937 affronta lo stesso tema che lo trova particolarmente sensibile e dopo la seconda guerra mondiale dipinge quest’opera di grande respiro che avvolge lo spettatore perché realizzata su pannelli che ricoprono interamente le pareti e la volta. La pittura è semplice e potente nello stesso tempo.

Da una parte viene rappresentata la guerra con colori inquietanti e sagome piene di terrore. Dalla parte opposta la pace con colori e linee piene di gioia.

Mi colpiscono alcuni particolari. Se nella guerra vengono bruciati i libri perché i regimi totalitari temono lo sviluppo della cultura, nella pace, in clima di grande serenità c’è chi legge e chi scrive. La pace garantisce sempre la crescita delle persone attraverso l’istruzione e la cultura.

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La Compieta

Quando termina un anno e ne comincia uno nuovo si realizza in grande ciò che avviene in miniatura al termine di ogni giorno nell’attesa di un’alba nuova.

La Liturgia delle Ore, cioè la preghiera del breviario dei preti che fortunatamente sta sempre più diventando anche la preghiera dei laici, si conclude con la preghiera prima di coricarsi, la preghiera di Compieta. Come dice la parola stessa è il momento in cui si da compimento alla giornata vissuta prima di andare a dormire.

Ogni sera la preghiera della Compieta inizia con l’esame di coscienza nel quale sostanzialmente si rivede alla “moviola” la giornata con il filtro della gratitudine e si promette un impegno maggiore per il giorno successivo.

Io prego abitualmente la Compieta da solo, nella mia stanza. Nei monasteri, penso sia la preghiera più suggestiva, si prega al buio, con la sola flebile luce di una candela.

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Sulle tue labbra è diffusa la Grazia

Disegnato con una tecnica elementare, quasi come un disegno primordiale, in bianco e nero con il tratto di un fumetto, non mi aveva mai attirato. Sono stato ad Assisi una ventina di volte, più o meno. Ma l’ultima volta, probabilmente perché non c’era nessuno, ho avuto tutto il tempo che volevo per soffermarmi. Siamo a san Damiano, là dove ha inizio la storia vocazionale di Francesco con il dialogo tra il giovinastro e il Crocifisso. In quel luogo venne da subito edificato il convento di Chiara, innamorata di Francesco ma solo di passaggio, perché il vero Amore è Cristo. Nei piani superiori, prima di giungere al luogo dove Chiara morì, cioè nel dormitorio, c’è il famoso Oratorio nel quale le monache pregavano. Nell’abside della cappella c’è questo affresco. Guardandolo da vicino e con calma mi accorgo di alcuni particolari. Sul petto di Cristo è disegnato il sole, come lo disegnerebbe un bambino e sulla spalla di Maria la luna. Il messaggio è chiaro: Gesù è il sole, il dono del Padre: Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge, così preghiamo ogni mattino con il cantico di Zaccaria. Maria risplende la luce del Figlio ed è come la luna che brilla, non di luce propria, per rischiarare la notte del mondo.

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Agisci come se tutto dipendesse da te e prega sapendo che in realtà tutto dipende da Dio

Stavo tribolando per l’organizzazione di un’iniziativa parrocchiale e mi ha raggiunto, come una freccia, la famosa espressione di sant’Ignazio di Loyola: agisci come se tutto dipendesse da te e prega sapendo che in realtà tutto dipende da Dio. Questo pensiero è responsabilizzante e liberante insieme.

Ci dobbiamo dar da fare mettendo tutte le nostre energie e la nostra intelligenza nei lavori che facciamo, nella professione, nella famiglia, nei progetti, nel volontariato, in ogni ambito dobbiamo avere la percezione che tutto dipende da noi. Ed è così. Perché quello che non facciamo noi non lo fa nessun altro al posto nostro. Questa prospettiva ci rende responsabili nel compiere al meglio le cose che dipendono da noi. In realtà sappiamo che però tutto dipende dal Capo.

Se davvero tutto dipende da Lui ogni tanto mi vien da dire: ci penserà Lui. Ma non per deresponsabilizzarmi, ma per sentirmi più libero dalle mie, a volte, false preoccupazioni.

Ci penserà Lui significa arrendermi ai suoi criteri e pensare alla mia vita non solo a partire da quello che voglio io ma soprattutto a partire dai parametri del Signore.

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Preferisco non saperlo

Chiacchierare per il gusto di chiacchierare è molto pericoloso perché rovina le relazioni, anche se non ce ne rendiamo immediatamente conto. Sarebbe molto meglio tacere piuttosto che chiacchierare solo per il gusto di chiacchierare.

Socrate aveva una grande reputazione di saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse: “Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?” – “Un momento”, rispose Socrate, “Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.” – “I tre setacci?” – “Ma sì”, continuò Socrate, “Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. -Hai verificato se quello che mi dirai è vero?” – “No, ne ho solo sentito parlare.” – “Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. – Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?” – “Ah no! Al contrario.” – “Dunque”, continuò Socrate, “Vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell’utilità. – È utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?” – “No, davvero.” – “Allora”, concluse Socrate, “se ciò che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile, perché volevi dirmelo? Io preferisco non saperlo e consiglio a te di dimenticarlo”.

Il chiacchiericcio, in tutte le sue forme più o meno moderne, pettegolezzo, gossip, fake news, ecc…, non è facile da evitare, anzi produce un certo piacere, sia per chi lo produce sia per chi lo ascolta. Lo sforzo che dobbiamo fare è lavorare su noi stessi per evitare nel tranello di raccontare cose non vere, non buone e non utili e anche per sostare a lungo nell’ascolto di chi ci racconta cose non filtrate sugli altri. Perché come ci ricorda spesso il Papa il chiacchiericcio è un’arma letale che uccide l’amore, uccide la comunità, uccide la fraternità.

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Ogni dove è paradiso

Ho partecipato molto volentieri ad un incontro formativo organizzato dalla diocesi per gli educatori degli adolescenti. Il relatore era don Marco D’Agostino della diocesi di Cremona, nome noto nel panorama della pastorale italiana, attualmente parroco di Viadana, già rettore del seminario di Cremona, insegnante di lettere e autore di diverse pubblicazioni di carattere spirituale e pastorale.

Il tema era il difficile rapporto tra fede e adolescenti, una questione che tanto ci provoca e tanto ci fa penare, come genitori e come educatori.

Non sono preoccupato, diceva don Marco, perché gli adolescenti non vengono a Messa. Mi preoccupa invece se gli adolescenti non sono affamati di domande. Mi tornava alla mente la felice espressione del Cardinal Martini quando rivolgendosi ai partecipanti dell’università dei non credenti affermava: l’umanità non si divide tra credenti e non credenti, ma tra coloro che pensano e coloro che non pensano. L’importante è impariate ad inquietarvi. Se credenti, a inquietarvi della vostra fede. Se non credenti, a inquietarvi della vostra non credenza. Io ritengo, concludeva Martini, che ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente, che si parlano dentro, si interrogano a vicenda, si rimandano continuamente interrogazioni pungenti e inquietanti l’uno all’altro.

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Il viaggio in Marocco

Un viaggio lo si ricorda certo per le cose che si vedono ma lo si ricorda soprattutto ai compagni con cui lo si è condiviso.

Perciò grazie di cuore a tutti e a ciascuno dei 44 partecipanti con cui abbiamo condiviso questi bellissimi giorni.

Cosa hai imparato da questo viaggio?

Raccolgo con questi proverbi ciò che vorrei mi rimanesse in testa e nel cuore.

Tutto nasce piccolo e poi cresce. Solo il dolore nasce grande e poi diventa piccolo.

A volte ci spaventiamo per un incidente, per qualche cattiva notizia, per qualcosa che non va come vorremmo. È comunque un dolore destinato a rimpicciolire perché il tempo è sempre un grande medico che lenisce ciò che ora ci fa soffrire.

Un piccolo giardino ben tenuto vale più di un grande campo abbandonato.

Ho imparato che non potendo mettere a posto tutto posso prendermi cura della mia piccola vita e della porzione di terra che mi è stata affidata. A volte vorremmo strafare e lasciamo trascurato il nostro giardino, la nostra famiglia, la nostra comunità.

Senza un cammello non puoi attraversare il deserto. Senza una donna non puoi attraversare la vita.

Ci spiegavano come nelle gobbe del cammello si nasconde e si conserva la sua energia per marciare, un’energia offerta a chi lo cavalca per oltrepassare il deserto. Un uomo questa energia la trova nella donna che ama. E viceversa. Io la trovo nella mia sposa: la comunità che il Signore mi affida.

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Risorsa

C’è una parola che ha un significato etimologico meraviglioso. È emerso in un incontro con gli educatori degli adolescenti nel quale ci siamo interrogati sul valore personale di ogni adolescente. E ripetutamente usciva una parola alla quale vale la pena pesarne il significato. La parola è “risorsa”.

Si diceva: ogni persona è una risorsa; ogni persona ha più risorse; un’attività ben proposta è una risorsa; la comunità è un grande contenitore nel quale convivono bisogni e risorse.

Cavalcando questi pensieri mi sono soffermato sull’etimologia. Ma cosa significa letteralmente questo termine?

Deriva dal francese ressource e più anticamente dal latino resurgere che, come si intuisce, significa risorgere. Risorsa è perciò qualsiasi fonte o mezzo che fornisce aiuto, soccorso, appoggio, soprattutto in situazioni di necessità. Questo è quanto indica il vocabolario.

Mi ha folgorato il significato di risorgere.

Quindi: ogni persona è risorsa perché possiede in sé una forza divina di risorgere. Ma possiede anche delle risorse perché può ridare vita intorno a sé. La comunità contiene non solo tanti bisogni ma soprattutto molteplici occasioni di risurrezione.

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Il difficile compito di un genitore: amare chi non si fida più di noi

Se potessi consigliare un libro ai genitori con figli adolescenti raccomanderei la lettura dell’ultimo libro di Matteo Bussola intitolato “La neve in fondo al mare”.

È il racconto di un papà e della sua storia in relazione al figlio di 16 anni.

A pagina 46 c’è un passaggio che trovo straordinario nella sua realistica delicatezza e umiltà. Racconta che stava un giorno dialogando con lo psicologo di suo figlio e gli raccontava delle difficoltà di comunicazione con il figlio: Non lo capisco più, in pratica non riesco più a parlargli. Perché ogni volta che ci provo lui si ritrae, oppure risponde a monosillabi. Dov’è finito, il mio bambino? Chi è questo mostro che sembra averlo inghiottito? – chiedevo.

Il guaio con i bambini è che crescono, – ha detto lui.

E possono essere crudeli, i bambini che crescono. Ti esasperano, ti evitano, soprattutto quando stanno male, hanno bisogno di te ma non ti vogliono accanto, desiderano la tua presenza ma ti impongono una distanza.

Eh, ma allora che cosa dobbiamo fare?

Vede, l’adolescenza è come una nostalgia: voi rimpiangete l’innocenza della loro infanzia, loro rimpiangono il sentirsi adatti e compresi. È questa la sola cosa che genitori e figli hanno davvero in comune, – ha detto. Questa, e un’altra. E cioè?

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Una pietà alternativa

Nella basilica del monastero di Pontida e precisamente presso l’altare del crocifisso c’è questo piccolo tondo marmoreo che raffigura una bellissima pietà. Ma non è la pietà classica, quella di Michelangelo per intenderci, ma è una pietà diversa. Le posizioni di Maria e di Gesù sono veramente alternative.

Mi soffermo sul corpo morto di Cristo. Non è in braccio alla madre ma è disteso. Sembra stia dormendo. Già qui colgo un pensiero illuminante: la morte nella visione cristiana è proprio come addormentarsi, come quando alla sera si va a dormire con la certezza che all’alba del giorno dopo ci si risveglia. Guardando il corpo di Gesù mi è venuta in mente una poesia di Valentino Savoldi che in una strofa recita:

Non coprite il mio corpo
col sudario
perché m’abitui alla morte
Seminatemi nudo nella terra,
in posizione fetale
perché io rinascerò
libero.

Il corpo di Cristo è proprio come quello di un bambino che si addormenta tranquillo in braccio alla sua  mamma, sicuro di risvegliarsi.

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