Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

il sito web della comunità parrocchiale San Giuseppe di Dalmine

Ultimi articoli pubblicati

Praticanti non credenti

Alcune settimane fa ho condiviso una riflessione intitolata: “credenti non praticanti” e mettevo in evidenza come anche chi non partecipa assiduamente all’Eucarestia domenicale possa essere considerato “fedele” nella misura in cui sente comunque la necessità di cercare il Signore nella sua vita e di appartenere alla famiglia dei discepoli di Gesù.

Ma i termini di quel titolo possono essere benissimo cambiati e potremmo svolgere una riflessione sui “praticanti non credenti”. Esiste cioè la sventurata possibilità di persone che mantengono certe assiduità senza essere uomini o donne di fede.

Penso in particolare ad alcune situazioni.

Penso a chi decide di essere ammesso ad un sacramento senza esserne convinto e si presenta con una specie di motivazione folkloristica. Quanti genitori chiedono il Battesimo o l’Eucarestia per i loro figli ma non credono davvero all’azione dello Spirito Santo nella vita propria e nella vita dei figli. Tanto è vero che dopo il Battesimo non si vedono più.

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Dio vede e provvede

La catechesi di avvento di quest’anno ci ha condotti a contemplare la facciata della natività della Sagrada famiglia di Barcellona.

La facciata è suddivisa in tre portali secondo uno schema “teologico” che il genio-santo di Antoni Gaudì ha voluto imprimere nella pietra.

Il primo portale, quello centrale è il “Portale della carità” ed ha come protagonista Gesù con il racconto dell’Incarnazione del Verbo. Il secondo è il “Portale della speranza” e San Giuseppe è l’icona della speranza. Il terzo è il “Portale della fede” e Maria è la figura per eccellenza della fede. Le tre virtù teologali vengono così abbinate alle tre persone della Sacra Famiglia.

Gli incontri si sono conclusi con una piccola gemma incastonata nel portale della Fede dedicato a Maria Santissima.

Gaudí riassume tutto il significato della fede in questa immagine: una mano al cui interno è presente un occhio. È il modo classico con cui si traduce l’essenza di Dio Provvidenza. Egli è colui che vede e provvede. Che cosa è la fede? Sembra rispondere Gaudí: la fede è cercare di fare quotidianamente l’esperienza di potersi fidare della Provvidenza di Dio.

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L’adorazione notturna dell’Avvento

Abbiamo perso la forza delle proposte. Questo ho pensato quando con gli animatori abbiamo proposto l’adorazione notturna agli adolescenti. Chissà chi verrà? Come faranno i ragazzi a rinunciare ad avere una motivazione più forte della febbre del sabato sera? Invece ci ha spiazzato la risposta: venti adolescenti e una decina di animatori hanno vissuto questa esperienza ed io mi sono ricreduto.

Nella preparazione dell’Avvento si cerca di tener sempre presenti le dimensioni principali di questo tempo forte: la preghiera, l’ascolto di una testimonianza e la solidarietà per i più bisognosi.

Verso le 22.30 ci siamo ritrovati in Oratorio e dopo un primo momento ludico abbiamo offerto alcune indicazioni pratiche su come vivere la notte. A ciascuno è stato chiesto di inserirsi in un turno, da mezzanotte alle otto. Ogni turno si è potuto avvalere della guida di un educatore.

Per il resto della notte l’indicazione era di dormire nelle aule di catechismo, cosa che a detta dei ragazzi in pochi sono riusciti a fare o per il freddo o per chi russava.

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I cristiani di Konya

Un viaggio lo vivi 3 volte: quando lo prepari, quando lo compi e quando lo ricordi. Riguardando le immagini del viaggio in Turchia uno dei momenti che mi si è impresso nella memoria è l’incontro che abbiamo vissuto nella città di Konya. Una delle città più importanti della Turchia con i suoi 6 milioni di abitanti. Qui san Paolo ha vissuto un importante soggiorno raccontato nel capitolo 14 degli Atti degli Apostoli. Annuncia il Vangelo e la gente che ascolta si divide tra chi rifiuta il discorso di Paolo e chi invece aderisce alla fede. Compie un miracolo e viene confuso con una divinità. Paolo venne anche lapidato ad Iconio e si salvò solo perché fu creduto morto. Una volta ripreso fu lui stesso a “rianimare” i fratelli con il desiderio di risvegliare in loro la fede.

In questa bellissima città abbiamo incontrato Maria Grazia, una donna consacrata che da molti anni vive in Turchia, inviata dal Cardinale Carlo Maria Martini come fidei donum della diocesi di Milano.

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La Medusa capovolta di Istanbul

Una delle cose più belle che abbiamo avuto modo di visitare in Turchia è sicuramente stata la Basilica “Cisterna”, costruita nel 532 dall’imperatore Giustiniano. La struttura è fantastica grazie soprattutto al nuovo restauro del 1994. Prima i visitatori vi accedevano con la barca ora invece grazie alle passarelle. Vi si ammirano 336 colonne disposte in 12 file e alte 9 metri e l’atmosfera è veramente molto suggestiva.

L’obiettivo della costruzione della Basilica era quello di immagazzinare acqua fresca per il palazzo imperiale e gli edifici vicini. La Cisterna aveva le dimensioni di due campi di calcio e poteva contenere 80.000 metri cubi di acqua, sufficiente a riempire 27 piscine olimpioniche.

Due di queste colonne attraggono particolarmente la nostra attenzione perché sono sostenute da volti giganteschi di Medusa, uno capovolto e l’altro adagiato di profilo.

La Medusa è, nella simbologia, un vero e proprio mostro che ha come capelli tanti serpenti velenosi ed ha uno sguardo che pietrifica chiunque lo incrocia. Per questo la Medusa è da sempre stata associata alla morte e alla paura della morte.

Ma cosa ci fanno queste due Meduse collocate 1.500 anni fa in un’antica Basilica di Istanbul.

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Percorso Famiglie ” Voce del verbo famiglia”

Per chiunque desideri regalarsi uno spazio di incontro e confronto sui verbi e gesti che abitano la vita famigliare e scoprire che li abita il Signore!

ORATORIO ore 19.00 incontro; ore 20.00 cena condivisa con ciò che ognuno porta.

Sabato 11 Novembre 2023
Sabato 2 Dicembre 2023
Sabato 13 Gennaio 2024
Sabato 17 Febbraio 2024
Sabato 16 Marzo 2024
Sabato 20 Aprile 2024

 



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Il pellegrinaggio parrocchiale in Turchia

Un pellegrinaggio sulle orme di san Paolo. Un viaggio per conoscere una terra ricchissima di storia e di arte, una terra molto simile alla nostra e molto differente per mille ragioni. Otto giorni bellissimi grazie all’ingrediente più importante, quello che fa la differenza: le relazioni che nel gruppo si sono create e consolidate.

Rientriamo dalla Turchia dopo otto giorni intensi, nutrienti e divertenti.

Intensi perché abbiamo avuto un programma fitto, guidati da una bravissima guida, con un ritmo senza pause. L’intensità è stata la caratteristica di questi giorni anche per le forti emozioni date da questa terra vasta, popolosa è dolcissima. Una terra che assomiglia ad un incrocio, un crocicchio nel quale tutto si incontra. Una terra capace di far convivere serenamente le diversità. Non un incrocio solamente dunque, ma un ponte, una via che unisce.

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La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione! 

Gaudì è un genio indiscusso. Anzi potrebbe essere riconosciuto santo dalla chiesa cattolica. È l’architetto della Basilica della Sagrada Familia, uno degli edifici più amati del mondo, patrimonio dell’umanità Unesco. Oggi se parli con chiunque c’è concordanza sulla bellezza di questa Basilica. Ma nel secolo scorso non tutti la pensavano allo stesso modo. Per esempio George Orwell, l’autore della Fattoria degli animali definì la Sagrada Familia “uno degli edifici più orribili del mondo”. Altri invece la pensavano esattamente al contrario. L’architetto tedesco Walter Gropius la descriveva come “una meraviglia di perfezione tecnica”. Al di là delle diverse opinioni una cosa è certa: nessuno rimane indifferente di fronte alla sublime opera di Gaudì, il monumento simbolo di Barcellona, l’edificio più visitato della Spagna, ma anche il più misterioso.

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Vivere 5000 anni

C’è un dato che mi ha colpito in una recente ricerca sul tema: quanto leggono gli italiani? nel 2022 solo il 39,3% di persone hanno letto nell’ultimo anno almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali. Questo dato mette in evidenza la diminuzione dei lettori italiani rispetto agli anni precedenti. Solamente negli anni della pandemia c’è stato un leggero aumento che tuttavia è scomparso abbastanza velocemente.

Ancora: il 44, 4 per cento degli italiani legge tre libri in un anno, il 15,4 legge da 4 a 11 libri in un anno e solamente il 6, 4 per cento legge almeno 12 libri all’anno.

La ricerca ribadisce anche che leggono di più i giovani che gli adulti, più le donne che gli uomini, più gli abitanti del centro-nord che gli abitanti del sud.

Colpisce anche il fatto che cresce il numero della popolazione che si è recata in biblioteca almeno una volta nel corso di un anno, anche se rimane sempre una percentuale molto bassa: il 10,2 per cento. Molto penso dipenda dal fatto che l‘impatto travolgente dei social faccia brutalmente preferire questi alla carta stampata.

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L’importante è che siamo qui

Ogni volta che mi reco alla Casa Accoglienza Anziani ho sempre qualcosa da imparare. Esattamente come quando sto in mezzo ai bambini.

Mi è capitato durante la Messa di un martedì mattina.

È iniziata la proclamazione della prima lettura e sento, perché quando gli anziani dicono qualcosa non parlano, gridano: Pota ghe sente mia! dice una nonna alla sua vicina. E questa con una pacatezza regale le risponde: Fa negot, preocupet mia, l’importante l’è che ns’è chè.

Mi è subito venuto in mente Pietro sul Tabor: che bello per noi essere qui… facciamo tre tende…

La Messa non si capisce con il cervello ma si gusta con una presenza che si abbandona ai segni della liturgia. Se penso a quando ero bambino con tutta onestà non ricordo nessuna predica dei miei preti, non ricordo di avere avuto mai il cuore per qualcosa che si sia impresso nella mia testa. Ricordo solo le candele, i fumi dell’incenso, i profumi dei fiori, le luci, i volti di tanta gente che pregava. Il potere della liturgia non sta in quello che noi comprendiamo con la testa, ma in tutto quello che segna i nostri sensi.

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Il ricordo di un dolore

Stiamo entrando nei primi giorni di Novembre, giorni in cui la nostra memoria si riempie degli innumerevoli volti di chi abbiamo amato e ci ha preceduto nel grande Passaggio, di amici, parenti benefattori.

Sono giorni di sofferenza e di speranza che siamo chiamati ad attraversare con equilibrio e con fiducia.

Recentemente ho accompagnato un professore a visitare l’Accademia Carrara. L’avevo vista tantissimi anni da seminarista. Molte le opere che colpiscono. Ma ce n’è una che ha letteralmente rapito i miei occhi. È una tela di Pellizza da Volpedo  intitolata “Il ricordo di un dolore”. Se l’avevo già vista non lo ricordo, probabilmente non mi aveva colpito così tanto. Pellizza è famoso per “Il quarto stato”, l’icona sociale della fine dell’Ottocento.

Passeggiando nelle sale dell’Accademia mi ritrovo di fronte a quest’opera e a lungo la contemplo.

Scrive il pittore stesso: «Tornato immediatamente da Parigi colpito dalla morte di mia sorella Antonietta, volli ricordare il mio dolore con una mezza figura intitolata appunto “Il ricordo di un dolore”».

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Te l’hanno spiegata male

In queste settimane i riflettori si sono prepotentemente riaccesi sul conflitto in Terra Santa. La nomina del Cardinal Pizzaballa ha certamente sollecitato nei bergamaschi la stima per la sua persona e la sua missione ma anche il dolore per il conflitto e per le vittime.

Nel frattempo sto leggendo “La sfida di Gerusalemme”, l’ultimo volume di Eric-Emmanuel Schmitt, un viaggio commentato dall’arguzia dell’autore. Nel cuore del volume si sofferma ampiamente sulla questione del muro di Betlemme e della tragedia del conflitto. La sua riflessione prende le mosse da un’affermazione di un suo amico ebreo: “Se capisci qualcosa della situazione odierna a Gerusalemme significa che te l’hanno spiegata male”. Tutto è complicato. Il muro sancisce un fallimento, incarna l’impossibilità di arrivare alla pace. Schmitt sostiene che la tragedia della Terra Santa sia lo scontro tra due legittimità, due blocchi ostili che si affrontano “avendo entrambi ragione”. Non si tratta cioè di una battaglia tra bene e male, tra verità e menzogna, tra i buoni e i cattivi. Israele ha ragione, la Palestina ha ragione. Questa logica è tragica perché, secondo Schmitt, dato che nessuno ha ragione o torto, la forza si sostituisce al dialogo e al diritto, il problema si ingigantisce, la violenza si moltiplica alla potenza e si rimane senza via d’uscita.

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Una mano lava l’altra

Per lavarmi una mano devo usare l’altra. Anche nelle attività più semplici è sempre vantaggioso aiutarsi a vicenda. Primo perché insieme possiamo raggiungere risultati importanti e poi perché si scopre di essere complementari: alla fine se tu dai una mano a me io ne dò una a te.

Questo modo di dire è antichissimo, lo usavano già gli antichi romani: “manus manum lavat”. È Petronio che la usa nel Satyricon e la usa in modo ironico, tendente all’omertà, quasi come dicesse: “tu non dire nulla di quello che ho fatto e vedrai che avrai il tuo vantaggio”.

Questa espressione trova però la sua completezza nei promessi sposi e precisamente nel capitolo 14 quando un tale, aiutato da Renzo cita questo proverbio con un’aggiunta importante: “Renzo, dopo molte strette di mani sconosciute, s’avviò con lo sconosciuto, ringraziandolo della sua cortesia. Di che cosa? – diceva colui: – una mano lava l’altra, e tutt’e due lavano il viso. Non siamo obbligati a far servizio al prossimo? – E camminando, faceva a Renzo, in aria di discorso, ora una, ora un’altra domanda.

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Credenti non praticanti

Così si intitola un saggio scritto da una teologa francese che si chiama Valerie Le Chevalier. Un testo molto interessante che analizza le “pratiche” differenti dei cristiani europei e francesi in particolare.

La tesi sostenuta nel saggio è formulata nell’introduzione e potrebbe essere riassunta in queste domande: i numerosissimi cattolici battezzati che, per diverse ragioni non praticano la domenica, possono essere considerati, nonostante tutto, dei “fedeli” e perciò essere una buona notizia?

Il piccolo resto dei praticanti come guarda i non praticanti? Come sentirsi un’unica famiglia di credenti, malgrado i modi diversi di frequentare?

L’autrice parte da un famoso articolo francese scritto nel 1933 dal sociologo religioso Le Bras. Si, avete letto bene: nel 1933!

Un testo che presenta uno schema di classificazione delle pratiche religiose. Tale schema per Le Chevalier è quanto mai attuale e rappresenta uno strumento ancora valido per l’analisi della questione.

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