Mi trovavo a Fatima qualche settimana fa.
Prima di addormentarmi pensai: se questa notte mi sveglio mi alzerò e andrò nella cappella delle apparizioni e pregherò il rosario.
Ogni promessa è un debito. Soprattutto con il Signore.
Alle 2 di notte, mentre, con gli occhi stretti, camminavo verso la cappella mi cade l’occhio su una panchina sulla quale è steso un uomo, avvolto in una coperta che dorme. Chissà che freddo starà patendo, penso. Poi arrivo davanti alla Madonna e prego il rosario. Ad ogni ave Maria penso al volto di qualcuno e prego per chi ha più bisogno di pace e di serenità.
Verso le due arrivano alcuni guardiani notturni. Rientro in albergo e in lontananza getto l’occhio alla panchina. È ancora là e non si è mosso per niente.
Ritorno a dormire e un quarto d’ora prima delle 8 ritorno alla cappella per la Messa. Rivedo la panchina e finalmente capisco il motivo per cui l’uomo che dormiva non si è spostato di una virgola. Mi avvicino e noto con sorpresa che è una statua in bronzo. Guardo bene e scopro che l’uomo, completamente avvolto in una coperta è irriconoscibile. Ma mi sbaglio. C’è un particolare che lo rende esplicitamente riconoscibile. Osservo i piedi e vedo le stigmate. Mi si apre un mondo: quell’uomo, nel recinto sacro della spianata del Santuario è Gesù. Il messaggio è inequivocabile: il Signore si identifica con i poveri.
D’altronde Gesù l’aveva detto: i poveri li avrete sempre con voi. Ma aveva anche detto: io sarò con voi tutti i giorni, per sempre, fino alla consumazione dei tempi. Queste due prospettive convergono verso la stessa realtà:

Gesù è con noi per sempre negli ultimi, nei poveri. La statua è stata descritta come una “traduzione visiva” del passaggio del Vangelo di Matteo in cui Gesù dice ai suoi discepoli: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
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