Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

il sito web della comunità parrocchiale San Giuseppe di Dalmine

Le corna di Mosè

Tra gli affreschi della chiesa, che finalmente si vedono bene, si riconosce molto bene il ritratto di Mosè, posto esattamente al di sopra dell’ambone. Lo si riconosce per il Decalogo che sorregge mentre lo presenta al popolo, ma anche per le corna che ha sul capo. Ma perché Mosè ha le corna?  Non si tratta di un motivo biblico né di un significato teologico. Si tratta invece di un errore di traduzione. Al capitolo 34 del libro dell’esodo si racconta che Mosè rimane con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiar pane e senza bere acqua e il Signore scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole. Quando Mosè scese dal monte Sinai non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui.

La rappresentazione delle corna di Mosè nasce da un errore commesso da San Girolamo quando nel quinto secolo stava traducendo la Bibbia dall’ebraico al latino. Girolamo ha confuso la parola “keren” (= corno) con il termine “karem” (= raggio di luce). Così anziché scrivere che il volto di Mosè, sceso dal monte, divenne luminoso, pieno di raggi di luce, tradusse che il volto di Mosè divenne cornuto.

Il primo a rappresentare Mosè con le corna è Michelangelo nella celebre statua conservata nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma. Michelangelo si basa sulla traduzione biblica di Girolamo e per questo rappresenta Mosè con le corna in testa. Da allora molte sono le raffigurazioni di Mosè con le corna fino a giungere alla nostra chiesa e precisamente al ritratto di Mosè. Ogni volta dunque che vediamo il volto di Mosè con le corna non dobbiamo pensare ad una mancanza di rispetto, ad una offesa, bensì al fatto che Mosè è l’uomo di Dio che non solo ha parlato con Dio, ma è l’unico che l’ha visto faccia a faccia ed il suo volto era raggiante. Così lo hanno visto quelli del suo popolo quando lui scendeva dal Sinai con le tavole dell’alleanza e così lo pensiamo noi.

Anche Gesù, il nuovo Mosè, un giorno si presentò con le vesti candide ed il volto raggiante, trasfigurato, che sapeva di Dio. Diverse volte, ci dicono i Vangeli, Gesù si ritirava per tutta la notte a pregare e all’alba era così luminoso che i suoi amici gli dicono: insegnaci a pregare, che in altre parole significa: anche noi vogliamo essere luminosi come Te.

Chi vive un’esperienza di incontro con il Signore ha un volto luminoso che testimonia la luce di Dio e fa venire anche agli altri il desiderio di quella luce. È il volto luminoso e sorridente che abbiamo visto in Papa Leone XIV che accogliamo con tanta gioia a tanta gratitudine. Il Signore gli dia coraggio per guidare la chiesa in questo nostro tempo complicato ma affascinante.

Don Roberto

 



in Storie di fede e Riflessioni