In un romanzo, “Il fiore dell’illusione” un giovane giapponese racconta al protagonista Francesco che nel suo paese esiste, nella città di Ise, un grande santuario shintoista consacrato alla dea Amaterasu Omikami che ha una particolarità veramente interessante che sa dell’incredibile: ogni vent’anni il santuario viene distrutto per essere ricostruito esattamente identico. Le spese per sostenere questa impresa sono evidentemente ogni volta esorbitanti.
Siccome non ci credevo, magari, pensavo, è una finzione letteraria dentro il romanzo, faccio una piccola ricerca in rete e scopro che il fatto è vero e scopro anche che l’attuale edificio del santuario è stato costruito nel 2013 e che la prossima demolizione e la successiva ricostruzione è perciò in programma nel 2033.
Il santuario attuale è la sessantaduesima ricostruzione.
Questa tradizione shintoista suscita molte suggestioni. La ricostruzione del tempio richiama il profondo significato spirituale della rinascita. Questo pensiero mi ha richiamato immediatamente che anche Gesù, osservando le pietre del tempio di Gerusalemme afferma: “Distruggete questo tempio e in tre giorni io lo ricostruirò”. Si riferiva alla sua risurrezione e al suo corpo che è il vero tempio.
Quindi il messaggio che richiama la continua necessità di rinnovamento mi pare ampiamente veicolato da questa antica tradizione, come pure l’idea che tutte le cose sono transitorie, non durano in eterno.
Ogni cosa fatta da mano d’uomo muore e deve essere ricreata da capo. Nella cultura giapponese c’è un’espressione che rappresenta proprio una visione della vita e del mondo che si chiama Wabi-sabi, fondata sulla serena accettazione che tutto passa e ogni cosa è imperfetta ma non per questo meno bella. In estrema sintesi questo è il senso dell’impermanenza tipica del buddismo.
Sinceramente trovo molto interessante questo modo di vedere le cose, molto vicino del resto ad uno sguardo francescano sulla vita e sul mondo; le creature, in quanto tali, sono cadùche, non durano per sempre.
Trovo un filino esagerato il “rito” della demolizione e della ricostruzione di un tempio per trasmettere questa idea.
Che la vita sia fugace e che alla fine dovremo abbandonare ogni cosa che abbiamo realizzato con tutto noi stessi è un pensiero abbondantemente assodato in ciascuno di noi, con tutta la tristezza del caso.
Forse ciò che ancora ci manca è la convinzione che ci sarà una rinascita, non ogni vent’anni, ma una volta per tutte, nell’eternità, una rinascita che coinciderà con il ritorno di Gesù. Ai suoi discepoli, prima di congedarsi da loro, Gesù riassume in una promessa tutto il senso del futuro: Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio ci sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto: quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.
Una promessa come questa, all’inizio del capitolo 14 di Giovanni, è di sicuro la promessa più bella che nessuno mai ci abbia fatto.
Don Roberto
Pubblicato il 8 Febbraio 2025
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Storie di fede e Riflessioni