Le cene con i miei confratelli, cioè quelli che sono diventati sacerdoti con me, sono tra le più nutrienti e divertenti. Ci conosciamo da una vita, abbiamo fatto gli anni del seminario insieme e poi da quando siamo preti ci troviamo in diverse occasioni ogni anno.
Proveniamo da tutte le parti della diocesi e svolgiamo servizi diversi all’interno della chiesa.
Siccome non abbiamo famiglia e non parliamo né di mogli, né di figli e tanto meno di suocere… le nostre conversazioni ruotano intorno alle cose di chiesa. Si comincia sempre con qualche ragionamento serio sull’attuale situazione della chiesa, del mondo, dell’evangelizzazione, delle paure sul futuro e delle strategie da adottare.
Dopo qualche bicchiere di buon vino partono i racconti: aneddoti di cose che ci capitano nelle parrocchie, giudizi più o meno benevoli sui nostri superiori, pettegolezzi e battute di vario genere, barzellette…
In un recente incontro uno di noi ha raccontato due episodi capitati ad un pittoresco sacerdote della val seriana che accanto al ministero sacerdotale vive un’appassionata adesione al gruppo degli alpini del territorio. Due episodi accaduti durante la celebrazione della Messa, con la chiesa gremita di alpini e simpatizzanti. All’offertorio è proprio lui, il sacerdote alpino, che in mancanza dei chierichetti passa a raccogliere le offerte. Giunto alla fine, davanti all’altare, guarda dentro il cestino ed in rigoroso bergamasco afferma: beh troppo pochi, sarà meglio che faccia un altro giro.
Alla fine della messa, dopo aver notato che solamente due persone su tutta l’assemblea si sono accostate alla Comunione, si avvicina al microfono ed esclama: certo che a voi piacciono le costine ma le particole vi stanno sullo stomaco.
Al racconto di questi episodi fa eco il ricordo di un altro fatto molto divertente. Un vecchio parroco di montagna venne ripreso da un confratello che svolgeva il ministero in una parrocchia vicina per aver commesso un’infrazione liturgica durante la messa. Ma non puoi, gli diceva, non puoi far leggere il Vangelo ad un laico. Ed il vecchio parroco rispose con un’espressione che divenne piuttosto famosa negli ambienti clericali: L’ho facc, ho pudit, spol, l’ho fatto, ho potuto, si può. Per dire che a volte le cose, anche quelle liturgiche, possono essere modificate dal buon senso e dalla praticità.
Così tra una cosa e l’altra la cena finisce con la sensazione di aver condiviso una serata piacevole, divertente perché sono veramente tante le battute e gli scambi, nutriente perché è sempre una grande occasione di confronto e di crescita.
Don Roberto
Pubblicato il 17 Agosto 2024
in
Storie di fede e Riflessioni