Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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I cristiani di Konya

Un viaggio lo vivi 3 volte: quando lo prepari, quando lo compi e quando lo ricordi. Riguardando le immagini del viaggio in Turchia uno dei momenti che mi si è impresso nella memoria è l’incontro che abbiamo vissuto nella città di Konya. Una delle città più importanti della Turchia con i suoi 6 milioni di abitanti. Qui san Paolo ha vissuto un importante soggiorno raccontato nel capitolo 14 degli Atti degli Apostoli. Annuncia il Vangelo e la gente che ascolta si divide tra chi rifiuta il discorso di Paolo e chi invece aderisce alla fede. Compie un miracolo e viene confuso con una divinità. Paolo venne anche lapidato ad Iconio e si salvò solo perché fu creduto morto. Una volta ripreso fu lui stesso a “rianimare” i fratelli con il desiderio di risvegliare in loro la fede.

In questa bellissima città abbiamo incontrato Maria Grazia, una donna consacrata che da molti anni vive in Turchia, inviata dal Cardinale Carlo Maria Martini come fidei donum della diocesi di Milano.

Maria Grazia ci racconta della sua vita e della sua testimonianza. L’unico segno della vita cristiana a Konya è la piccola chiesa dedicata a san Paolo. Qui i cristiani si riuniscono ogni domenica. Due volte al mese viene un sacerdote in aereo da Istanbul o da Ankara, mentre le altre domeniche si prega e si riceve l’Eucarestia. Maria Grazia ci racconta che il suo servizio consiste nel tenere aperta la chiesa perché ogni giorno vi entrano tante persone, anche islamiche, per conoscere, per visitare o per chiedere un aiuto. Nel limite del possibile sono disponibile, ci dice, perché nella chiesa non è importante essere un grande segno, ma essere un segno vivo. Come cristiani, in questa grande città turca, siamo solo 40, una presenza veramente minuscola, eppure teniamo viva la memoria di Gesù Cristo e del Vangelo in un contesto musulmano. È vero che l’Islam in Turchia è molto inclusivo ed accogliente, ma la nostra presenza è una testimonianza serena e dinamica.

Me ne vado da Konya con una grande leggerezza e penso che il cristianesimo in occidente debba ritrovare la vitalità e la forza di questo piccolo segno. Come diceva Tonino Bello la chiesa non deve ricercare i segni della forza, ma la forza dei segni. Noi siamo pressati dall’idea dei numeri e pensiamo che una cosa funziona solo se siamo in tanti, se abbiamo delle strutture visibili e consistenti. I cristiani di Konya mi hanno insegnato la gioia di essere un piccolo segno, ma vivo.

Cosa dà vivacità e forza ad un piccolo segno? Credo la perseveranza, la coerenza e libertà dal pensare che dobbiamo salvare noi il mondo. Grazie, grazie di cuore Mariagrazia per la tua testimonianza, la tua fede ed il tuo sorriso.

Don Roberto

 



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