Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Il pellegrinaggio parrocchiale in Turchia

Un pellegrinaggio sulle orme di san Paolo. Un viaggio per conoscere una terra ricchissima di storia e di arte, una terra molto simile alla nostra e molto differente per mille ragioni. Otto giorni bellissimi grazie all’ingrediente più importante, quello che fa la differenza: le relazioni che nel gruppo si sono create e consolidate.

Rientriamo dalla Turchia dopo otto giorni intensi, nutrienti e divertenti.

Intensi perché abbiamo avuto un programma fitto, guidati da una bravissima guida, con un ritmo senza pause. L’intensità è stata la caratteristica di questi giorni anche per le forti emozioni date da questa terra vasta, popolosa è dolcissima. Una terra che assomiglia ad un incrocio, un crocicchio nel quale tutto si incontra. Una terra capace di far convivere serenamente le diversità. Non un incrocio solamente dunque, ma un ponte, una via che unisce.

Sono stati giorni nutrienti perché tanti sono stati gli interrogativi e altrettante le condizioni per imbastire delle risposte. La nostra fame ci ha fatto formulare domande sulla storia, sulla cultura e sulla fede. Abbiamo così condiviso delle risposte che questo popolo ha saputo dare alle domande fondamentali degli uomini e delle donne.

In una terra dove sono praticamente scomparsi i segni della fede in Gesù si è risvegliato in noi il desiderio di amarlo ancora di più e testimoniare ciò che di Lui continua ad affascinarci.

Sono stati anche giorni molto divertenti perché uno degli ingredienti più importanti di un pellegrinaggio è sicuramente la presenza dei nostri compagni di viaggio. Tutti e ciascuno. Fianco a fianco siamo stati fratelli, amici, ospiti. A tratti c’è voluta un po’ di pazienza per rispettare le esigenze di ciascuno ma alla fine sono stati certamente di più i momenti di cordialità e di gioia per l’essere insieme. Diceva Cesare Pavese: Viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è vostro, tranne le cose essenziali – l’aria, il sonno, i sogni, il mare, il cielo – tutte le cose tendono verso l’eterno o ciò che possiamo immaginare di esso.

Alla fine di un viaggio cosa resta?

Resta il dispiacere per non avere occhi bastanti per contemplare tutte le meraviglie della natura, dell’arte e della fede. Resta la certezza di aver aperto bene il cuore e la mente per contenere esperienze e abitudini molto diverse dalle nostre, ma non per questo meno valide. Resta infine la sensazione di essere l’ultimo degli anelli di una lunghissima catena di discepoli che ci collega a Gesù.

Don Roberto

 



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