Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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La vocazione

C’è sempre una visione un po’ distorta intorno a questa parola. Mi ha sempre colpito il confronto di due modelli che compaiono nella Bibbia e che possono rappresentare un aiuto a dipanare dubbi e perplessità circa il tema della vocazione.

Il primo modello è quello del profeta Geremia e il secondo quello del profeta Isaia. Si tratta dei due principali profeti della Sacra Scrittura.

Geremia è l’uomo di Dio che visse a Gerusalemme nel 650 A.C. circa, si fece portavoce della Parola del Signore per la conversione del popolo. In pratica nessuno lo ascolta, muore lapidato dai suoi connazionali che non ne potevano più dei suoi rimproveri. Nel primo capitolo del suo libro Geremia racconta la storia della sua vocazione. Gli dice il Signore: “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato, ti ho stabilito profeta delle nazioni. Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti”. Potremmo dire che quella di Geremia è una vocazione diretta, anzi direttissima. Il profeta accoglie la volontà del Signore che gli viene comunicata in modo chiarissimo, senza ombra di dubbio.

L’altro modello è quello di Isaia. Visse circa 100 anni dopo Geremia, fu un uomo molto in vista con un notevole peso politico e sociale. Anche Isaia morì martire per la sua fede e per obbedienza alla parola del Signore, arrestato, condannato a morte, segato in due.

Il racconto della sua vocazione lo leggiamo al capitolo sesto del suo lunghissimo libro: “Poi io udii la voce del Signore che diceva: Chi manderò e chi andrà per noi? Ed io risposi: Eccomi, manda me. E il Signore disse. Va’ e riferisci a questo popolo quanto io ti indicherò”.

Isaia non ascolta direttamente la sua vocazione. Ascolta invece il bisogno che ci sia qualcuno che aiuti il Signore a farsi vicino al popolo, avverte cioè la necessità di rendersi disponibile. Si fa avanti e si propone per una missione che sente come importante per se e per il popolo.

La tensione che si crea tra questi due modelli di vocazione ci può aiutare a rileggere la nostra vocazione. Come posso percepire la voce del Signore? A volte è talmente chiaro il suo invito che non mi resta altro che accoglierlo e cercare di viverlo, malgrado i miei limiti e le mie inadempienze. Altre volte la sua voce si nasconde nei bisogni che mi circondano e che io posso interpretare come “pro-vocazione” affinché io possa arrivare a dire: eccomi, manda me.

In entrambi i casi il Signore mi parla. Mi parla anche all’inizio di questo nuovo anno pastorale: saprò io ascoltare la sua voce? Saprò interpretare i bisogni della mia comunità come vocazione?

Don Roberto

 



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