Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Il genio umano e spirituale di Blaise Pascal

In questi giorni sto spiluccando un libro di Pascal, l’illustre matematico e scienziato, il fine pensatore, filosofo e teologo vissuto in Francia (1623 – 1662), autore di un volume intitolato “Pensieri”, pubblicato dopo la sua morte, una raccolta di riflessioni, mille domande esistenziali e altrettanti tentativi di trovare risposte. Pascal rimase orfano di madre quando aveva appena tre anni e suo padre decise di occuparsi personalmente dell’educazione dei suoi tre figli. Quando era adolescente Pascal costruì la sua prima “macchina calcolatrice”.

Quando aveva trent’anni fu coinvolto in un incidente: i cavalli che trainavano la sua carrozza finirono oltre il parapetto di un ponte. Da quel tragico incidente pascal prese la netta decisione di abbandonare la scienza e la matematica per dedicare tutte le sue energie alla teologia.

Pascal muore giovane, a soli 39 anni, a causa di una malattia che lo ha perseguitato fin da bambino. Trascorre gli ultimi anni della sua vita come un asceta, trascorrendo le sue giornate a meditare, a pregare e a scrivere.

Condivido alcune frasi di Pascal tratte da “Pensieri”, frasi divenute celebri per la loro profondità spirituale.

 Tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera. Che fatica per l’uomo, soprattutto nel nostro tempo, a raccogliersi, a rientrare in se stessi a fare l’esame di coscienza, a vivere minuti di silenzio nella propria stanza senza guardare i dispositivi da cui sempre più dipendiamo. Se tutta la nostra infelicità dipende dal non riuscire a vivere questo raccoglimento, potremmo dire che la nostra felicità dipende dal saper fare … l’esame di coscienza.  

 Dio non costringe nessuno a credere. Infatti c’è luce sufficiente per chi vuol credere; ma c’è buio sufficiente per chi non vuol credere. La libertà è il dono più grande che Dio ci ha fatto. Ma è anche una grande responsabilità. Liberi di scegliere se credere o no, liberi di scegliere tra la luce e i buio.

 Sono convinto che il nostro più grande peccato è quello di omissione: bene non fatto, responsabilità non vissute, gesti buoni e doverosi non compiuti, impegni disattesi. Spesso la nostra negligenza ci conduce a non compiere il bene che potremmo fare. Ogni volta che partecipiamo alla Messa, nell’atto penitenziale, chiediamo al Signore di perdonarci i peccati in pensieri, parole opere e omissioni. I peccati di omissione, siccome in ogni momento possiamo fare del bene, costituiscono di gran lunga la maggio parte dei nostri peccati.

 L’uomo non è che una canna, la più debole della natura; ma è una canna pensante. Le cose umane si capiscono studiando, le cose di Dio si capiscono amando. Dio è nascosto. Ma si lascia trovare da quelli che lo cercano. Ci sono sempre state tracce visibili di lui in ogni tempo. L’uomo è una “canna pensante”. Tuttavia non è sufficiente pensare per trovare Dio, bisogna amare per capire chi è Dio. Il percorso che ci aiuta a discernere le tracce di Dio nelle nostre giornate non si può fare se non amando, perché il nostro rapporto con il Signore è un contatto affettivo e non una semplice  assoluzione di una pratica di pietà.

Don Roberto

 

 



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