Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’alfabeto della Parrocchia: A COME ACCOGLIERE

Ad un parroco è stata fatta recentemente questa domanda: Come ti immagini la Parrocchia di domani? E lui risponde: Un luogo che custodisce la bellezza, la tenerezza che tiene la porta aperta e il focolare acceso, perché la salvezza è diventare fraternità.

Bella questa immagine della porta aperta e del focolare acceso. Fa immediatamente pensare alla casa. Ricordo che un giorno stavo per visitare una persona della nostra parrocchia. Suonato il campanello sento che dall’interno questa persona apre tre serrature della porta blindatissima e poi esclama tra se: “non si è mai chiusi a sufficienza!”.

Capisco anch’io che la sicurezza è importante, ma questo non ci deve chiudere in noi stessi.

La parola “Parrocchia” significa letteralmente “Casa tra le case”. Ciò che rende gradevole abitare una casa è proprio la capacità reciproca di accoglienza.

In una delle sue battute più famose Linus il personaggio di Schulz dice: “Io amo l’umanità, è la gente che non sopporto”. Ha ragione Linus, è molto vero questo apparente paradosso.

L’umanità è una categoria molto ampia e vaga a cui tutti apparteniamo. Tutti l’amano l’umanità. È importante volerci bene. Ma è un sentimento tanto nobile quanto astratto.

La gente invece è quella che incontriamo, sono le persone che incrociamo uscendo di casa, al bar, facendo le file, sono le persone che trovo sedute accanto a me in chiesa.

Per i discepoli di Gesù l’accoglienza non è solo una questione di buona educazione. Nasce invece dallo sguardo di fede che ci conduce a riconoscere che ogni persona è mio fratello, mia sorella. La lettera agli Ebrei ci ammonisce con queste parole molto promettenti: “Non dimenticate l’ospitalità, perché alcuni, praticandola, hanno accolto senza saperlo degli angeli”. E quante volte dobbiamo ammetterlo che, una volta vinte le nostre resistenze, quando riusciamo ad essere accoglienti, gli altri ci sembrano sorprendentemente come angeli.

Accogliere significa, almeno come esercizio di base, valorizzare ogni persona, conoscerla per nome, e quindi riconoscerla nella sua storia personale e metterla a suo agio.

«La parrocchia, affermava Giovanni Paolo II,  non è principalmente una struttura, un territorio o un edificio; è piuttosto la famiglia di Dio, con una fraternità animata dallo spirito d’unità; è una casa fraterna ed accogliente ed è la comunità di fedeli stessi.». Chiesa di mattoni no, Chiesa di persone si, cantano i ragazzi.

Allora cambio la battuta di quella persona che trafficava con le serrature e dico: “non si è mai accoglienti a sufficienza!”.

Diventare fraternità è un compito mai svolto una volta per tutte: se una cattiva accoglienza genera diffidenza, giudizio e ostilità, al contrario una buona accoglienza stimola entusiasmo, gioia, voglia di partecipare e protagonismo.

Don Roberto



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