Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’accidia

L’accidia è una parola poco familiare per la maggior parte degli uomini. In una bancarella ho letto questa frase stampata su una maglietta: “Non fare oggi ciò che potresti fare domani e se ti viene voglia di fare qualcosa, fermati! Vedrai che ti passa”. Anche se in forma parziale l’accidia potrebbe essere rappresentata da questa affermazione.

Papa Francesco in una recente omelia in santa Marta ha parlato dell’accidia come l’inattività del cuore, la claustrofobia dell’essere, lo sconforto senza confini. Un vizio, per i cristiani, che porta anche ad alzare le spalle e tirare dritto senza intervenire, annoiati e malinconici.

L’accidia si definisce come male esistenziale, inerzia nel vivere e nel compiere opere di bene. È una parola greca che letteralmente significa senza cura, negligenza, indifferenza.

È un sentimento pericoloso perché strettamente legato alla noia ed è considerato il male della modernità nella forma della depressione, o il male della gioventù del tempo attuale, afflitta da assenza di interessi, monotonia delle impressioni, appiattimento delle sensazioni, e vuoto interiore dovuto a un eccessivo soddisfacimento esteriore.

Nel catechismo della chiesa cattolica l’accidia è l’avversione o indolenza all’operare il bene dovuta alla noia del divino e al disgusto per ciò che è spirituale. L’accidia indica lo stato di una persona la cui fede vacilla, o è andata persa.

È il vizio capitale che attacca in modo subdolo la vita del cristiano. Il credente, infatti, poco alla volta, incomincia ad infastidirsi della sua fede, lascia la preghiera, va raramente a Messa, non legge mai la Bibbia, non s’interessa del suo prossimo, pensa solo a se stesso e così Dio rischia di essere messo da parte. Nel suo sorgere l’accidia è inappetenza del cibo spirituale, pigrizia spirituale, indolenza, svogliatezza del cuore, trascuratezza della vita interiore e morale. A sua volta l’accidia genera disgusto e noia per ogni attività sana e spirituale, per quando la stessa vita quotidiana si tinge di tristezza, svogliatezza e insoddisfazione. È la noia che a volte proviamo nel pregare e che ci spinge a cercare distrazioni e alternative.

L’accidia si vince con il desiderio di reagire, con una vita spirituale ricca, disciplinata e ubbidiente, che non ci faccia essere sballottati come un corpo inerte in balia delle passioni.

Il contrario dell’accidia è la virtù della fortezza, dono dello Spirito Santo, dono da invocare con umiltà e fiducia. La fortezza ci assicura, soprattutto nelle difficoltà, la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. È la forza d’animo che permette di affrontare i propri impegni, di portare il peso della vita e di resistere alle tentazioni, di vincere la paura di lasciarci riempire di quel coraggio di cui abbiamo tanto bisogno.

Don Roberto

 



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