Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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In cosa speriamo?

Afferma Pierangelo Sequeri, teologo e poeta, autore dei testi di molti canti che quotidianamente utilizziamo nelle nostre liturgie: La speranza cristiana non è attesa “che Dio ce la mandi buona” o azzardo della fortuna di una “giocata alla lotteria”. La speranza cristiana non è probabilità dei calcoli dell’uomo, è la certezza di Dio, una certezza che in ultimo si fonda su un dato di cui la speranza cristiana è certa, sulla risurrezione dalla morte per una vita riconciliata: in cui nessun debito rimane insoluto e tutte le vittime sono puntualmente risarcite. (Tratto dal giornale Avvenire di domenica 5 Gennaio 2025).

Il tempo che passa inesorabilmente pone con insistenza e con tanta ansia molte domande: che ne sarà del mondo e di noi? Verso cosa stiamo andando? Che fine faremo e cosa resterà di tutto quello che abbiamo fatto e facciamo?

La virtù teologale della speranza, tema centrale del Giubileo che caratterizza questo anno santo, pare invece ribaltare queste domande e riporta i cristiani a domandarsi: ma davvero noi aspettiamo il ritorno del Signore Risorto?

Recentemente dialogavo con Lisa, una monaca del monastero di Bose. Si dialogava informalmente sul tema delle relazioni nella chiesa e in particolare all’interno di una comunità monastica come Bose. Mentre comunicava la fatica di vivere la logica dell’Incarnazione nella fraternità ad un certo punto afferma: noi non possiamo scegliere il “che cosa” ma sta a noi scegliere il “come”. Vivere insieme tra fratelli e sorelle è nello stesso tempo fonte di fatica e di gioia. Il “che cosa” sono le cose che accadono, che dobbiamo accettare perché appunto non dipendono dalle nostre scelte. Accade una malattia, un incidente, una lite, una rottura, un evento bello o brutto, un temporale… Non è nelle mie facoltà scegliere cosa accade.

Il “che cosa” può anche essere la diversità di carattere o di opinione con i miei fratelli e le mie sorelle. Non dipende da me, o almeno solo da me andare sempre d’accordo con gli altri.

Dipende da me invece la scelta di “come” vivere ciò che accade. Dipende da me come decido di gestire l’accadimento di una cosa.

Questo pensiero di Lisa mi fa pensare alla speranza e alla nostra attesa del Signore che tornerà.

A generare in me la speranza è il desiderio che avverto che quando il Signore verrà mi trovi indaffarato a trovare il modo di fronteggiare ciò che quotidianamente accade. Che mi trovi con “la cintura ai fianchi e la lucerna accesa” cioè in abiti da lavoro e nella preghiera.

Cos’altro posso sperare?

Don Roberto

 



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