Nella basilica del monastero di Pontida e precisamente presso l’altare del crocifisso c’è questo piccolo tondo marmoreo che raffigura una bellissima pietà. Ma non è la pietà classica, quella di Michelangelo per intenderci, ma è una pietà diversa. Le posizioni di Maria e di Gesù sono veramente alternative.
Mi soffermo sul corpo morto di Cristo. Non è in braccio alla madre ma è disteso. Sembra stia dormendo. Già qui colgo un pensiero illuminante: la morte nella visione cristiana è proprio come addormentarsi, come quando alla sera si va a dormire con la certezza che all’alba del giorno dopo ci si risveglia. Guardando il corpo di Gesù mi è venuta in mente una poesia di Valentino Savoldi che in una strofa recita:
Non coprite il mio corpo
col sudario
perché m’abitui alla morte
Seminatemi nudo nella terra,
in posizione fetale
perché io rinascerò
libero.
Il corpo di Cristo è proprio come quello di un bambino che si addormenta tranquillo in braccio alla sua mamma, sicuro di risvegliarsi.
Poi c’è la Madre. Difficile sempre cercare di valutare o di decifrare il dolore di una madre che piange la morte del figlio. Soprattutto se il figlio, come nel caso di Gesù, muore come vittima derisa e rifiutata da tutti, muore senza difese e senza comprensione. Eppure le braccia alzate della Madre se da un lato fanno pensare alla grande radicale domanda: come è possibile che tutto questo sia accaduto? dall’altro lato esprimono la resa fiduciosa nella volontà del Padre, quasi una lode, perché Maria è la prima tra i credenti, la prima a pensare che questa morte non è altro che la preparazione di una nuova esplosione di vita.
Abbiamo iniziato il mese di novembre, il mese dedicato alla preghiera per i nostri cari defunti e alla meditazione sulla visione cristiana della morte e della vita.
Attraversiamo i giorni di novembre con l’annuncio di questa pietà alternativa che non ci parla solo di dolore e di malinconia, ma ci annuncia cosa avverrà dopo il dolore: la realtà del nostro risveglio. Io sono la risurrezione e la vita, dice il Signore, che crede in me anche se muore, vivrà.
Un amico sacerdote recentemente si domandava: chissà perché da quando è morto mio padre che era alla casa di riposo mi succede questa cosa? Prima andavo a trovarlo alla casa di riposo e me ne uscivo sempre con il cuore rotto di tristezza; adesso quando gli faccio una visita al cimitero me ne esco sereno e leggero.
La risposta è già implicita nella domanda. Succede che con la morte finiscono tutti i segni della precarietà e della sofferenza e che i nostri cari ci ritornano alla mente purificati da ogni forma di male. Questo è il vero motivo per cui se siamo discepoli del Risorto non possiamo passeggiare nel cimitero imprigionati nei sentimenti nostalgici della tristezza. Esattamente come dice la preghiera che sovente, nei funerali, rivolgiamo al Signore: Invochiamo la tua clemenza Signore perché tu accolga il nostro fratello (la nostra sorella) con benevolenza nel paradiso, dove non ci sarà più lutto, né dolore, né pianto, ma pace e gioia.
Don Roberto
Pubblicato il 2 Novembre 2024
in
Storie di fede e Riflessioni
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