Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Pompei: la città morta che vive

Nella gita parrocchiale del mese scorso abbiamo visitato gli scavi di Pompei.

Pompei: la città morta che vive. Così è stata definita l’antica città che venne interamente sepolta da un’eruzione apocalittica nel 79 dopo Cristo. Abbiamo una descrizione di questo evento drammatico in una lettera che Plinio il Giovane scrisse a Tacito.

Nel 1748 iniziarono gli scavi che ancora oggi sono in corso. Scavi che riportano alla luce l’antica città.

L’eruzione è stata paradossalmente provvidenziale, come scrisse Goethe nel 1786 dopo aver visitato Pompei: “Molte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato altrettanta gioia alla posterità. Credo sia difficile vedere qualcosa di più interessante”.

La lava e la cenere sono state per l’antica città una sorta di copertura che ha permesso alla città di mantenere nei secoli la sua integrità, di essere protetta dalle intemperie. Per la terribile disgrazia del 79 noi possiamo conoscere la vita dell’antica città romana, di capire chi erano gli abitanti di Pompei, di sapere come vivevano, come amavano, cosa mangiavano, come si divertivano. Insomma una “disgrazia provvidenziale” per la storia.

Tra le cose che maggiormente mi hanno colpito di Pompei è che i muri… parlano. Parlano della vita ordinaria di una città. Sono leggibili iscrizioni di ogni genere: ci sono manifesti elettorali che invitano a votare questo o quello, che elogiano le virtù dei candidati o disprezzano altri per i lori vizi, ci sono le iscrizioni dei gladiatori, ci sono annunci pubblicitari, e soprattutto ci sono messaggi di amore. Un amore costantemente in bilico tra oscenità e poesia.

Ma le visioni più emozionanti a Pompei sono i calchi di corpi umani vittime dell’eruzione. Gli ultimi due corpi sono stati ritrovati nel novembre 2020 mentre l’umanità era alle prese con il Covid.

Sono due corpi giovani sigillati nel momento in cui sembra si stiano rialzandosi. Si percepisce quasi l’anelito di fuggire, il desiderio di vivere. La morte è piombata loro addosso senza scampo. Quei corpi pietrificati racchiudono tutto il dolore di ogni vittima della terra. Guardandoli ritornano alla mente le parole della Bibbia: “Dio non ha creato la morte, e non gode della rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza”. Ancora risuonano le parole di san Paolo: “L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte”.

La visita a Pompei è contemporaneamente un’esperienza inquietante e la conferma della speranza cristiana per cui crediamo che tutto sarà ricapitolato in Cristo. Anche noi siamo come Pompei: una città morta che vive.

Don Roberto

 



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