Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Il pane spezzato

Il racconto di Emmaus è una vicenda molto densa di particolari e di riferimenti ad ogni percorso di fede. Caravaggio dipinse per due volte il soggetto della “Cena di Emmaus” ma sono due dipinti radicalmente diversi. A fare la differenza è la vita stessa del pittore  perché nel 1602, quando dipinse la prima Cena di Emmaus si trovava a Roma sereno e beato, mentre quattro anni dopo la ridipinge ma in fuga, braccato come un animale ferito. L’episodio drammatico è avvenuto proprio nel 1606. Per una lite ci scappa il morto e Caravaggio, l’omicida, deve scappare perché sul suo capo pesa una taglia enorme. Si rifugia da amici e lì dipinge il Cristo a Emmaus che attualmente si trova a Milano al museo di Brera.

La prima cosa che colpisce è il volto di Cristo. Non sembra nemmeno il Risorto avvolto nella gloria, sembra piuttosto ancora il Crocifisso. È un Cristo solo, affaticato, sfinito. La solitudine e la stanchezza di Gesù sembrano collegate a quella sua affermazione rivolta ai due discepoli: “Stolti e tardi di cuore”. Essi non hanno capito nulla e se ne stanno imprigionati nella delusione della croce. Tuttavia il volto dipinto da Caravaggio è una sorta di autoritratto. Caravaggio ci sta dicendo che si sente come Gesù, senza forze, avvolto dalla paura e dall’oscuro mistero della morte. È il volto di un uomo pentito e impaurito. Il volto di Cristo è un volto che sa di Caravaggio. Cosa osa fare il pittore? Osa mettersi i panni di Gesù, non per vanagloria né per autodifendersi, ma per arrivare a dire la prodigiosa grandezza del perdono svelato nell’Eucarestia. Il pane spezzato è nutrimento dei peccatori, è Pane di salvezza per chi si sente solo, sfinito, senza forze.

Il secondo elemento che non può sfuggirci è la mano di Gesù. Tre giorni prima quella mano aveva spezzato il pane nel cenacolo, ma i suoi amici non capirono. Sempre nel cenacolo quella mano aveva lavato i piedi ma i suoi amici non capirono. Ora quella mano è di nuovo benedicente e si alza ancora sul pane spezzato. Ma quella mano pare avere le fattezze di un’altra mano che conosciamo bene: la mano del Creatore dipinta da Michelangelo, nella Cappella Sistina, e che Caravaggio aveva già “imitato” nella vocazione di san Matteo. La mano di Gesù è la mano di Dio che sta creando una cosa nuova, che sta benedicendo la nostra vita, anche se è una vita offesa dal male, dal peccato, dall’incredulità. La mano di Dio, in quel Pane spezzato, ritorna a benedire la mia vita e come una carezza infonde in me la forza del suo Spirito.

Questa carezza è l’augurio che insieme rivolgiamo alle bambine e ai bambini che si accostano per la prima volta alla tavola dell’Eucarestia.

Don Roberto

 



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