Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

il sito web della comunità parrocchiale San Giuseppe di Dalmine

Odio il capodanno. Anzi lo amo.

Siamo alla fine del 2022 e incominceremo il nuovo anno.

Dove andrai a far festa? – chiedo ad un amico che da pochi mesi si è separato dalla moglie. E chi ha voglia di far festa? Soprattutto se penso che mia moglie sarà tra le braccia di un altro uomo? Starò con i miei bambini, non credo nemmeno di arrivare a mezzanotte e andrò a letto a dormire sperando che i botti non mi tolgano il sonno.

Chissà quante persone vivranno il capodanno nella solitudine e nel dolore. Quanta amarezza provoca ogni festa, e in particolare il capodanno, in chi è solo e in chi ha una storia di sofferenza da gestire.

Mi è capitato di leggere in questi giorni un testo. Il 1° Gennaio del 1916 Antonio Gramsci scrisse un articolo intitolato “Odio il capodanno”. Ecco un passaggio di quell’articolo: “Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno. Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. (…) Perciò odio il capodanno.

Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno”.

L’autore poi sostiene che ci sia una specie di violenza nella festa del capodanno, una violenza che obbliga tutti a sottostare agli stessi riti: Il capodanno ti obbliga ad avere quella faccia da ebete: tutto va bene, tutto andrà bene. Ma perché tutti debbono fingere di essere felici a capodanno?”.

Io non odio il capodanno come faceva Gramsci. Anzi lo amo.

Amo il capodanno perché sono belle le feste domestiche, le cene che riescono a tenere unite le famiglie e gli amici, i ritrovi, che senza ricorrere per forza agli eccessi e alle trasgressioni riescono ancora a far gustare la gioia di stare insieme e a far emergere i motivi veri di questa festa di passaggio.

E quali sono questi motivi?

La gratitudine, l’attesa del nuovo, il desiderio della pace e Maria che ci prende per mano. Questi sono i motivi che si intrecciano nella liturgia del 1° Gennaio.

La gratitudine per l‘anno che si chiude. Bene o male abbiamo un anno in più e non siamo come eravamo un anno fa perché gli eventi lieti o tristi del 2022 ci hanno trasformato. Saper dire grazie per tutto alla mano generosa di Colui che ogni cosa ci dona: le cose belle perché ci rendono sereni e quelle meno belle perché ci rendono più forti.

L’attesa del nuovo ci fa vibrare il cuore non perché ciò che abbiamo e siamo non ci basta, ma perché il futuro, per chi confida in Dio, sarà senz’altro buono. Ci auguriamo a vicenda un buon anno nuovo nella speranza che ciò che desideriamo di più possa realizzarsi.

Il desiderio della pace è il desiderio di ogni uomo di buona volontà. Ogni primo giorno dell’anno, da 56 anni ad oggi, il Papa raccoglie alcuni pensieri e li comunica a tutto il mondo in un messaggio che quest’anno si intitola: “Un ‘noi’ aperto alla fraternità universale”. Afferma papa Francesco: Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un ‘noi’ aperto alla fraternità universale.

Maria che ci prende per mano, la Madre di Dio e nostra che celebriamo come Colei che per ogni giorno dell’anno ci aiuta e ci accompagna con la sua benedizione materna. Maria è il modello di ogni credente e aprire il nuovo anno con il suo sguardo premuroso ci rassicura.

Tutto il tempo, passato e futuro, è nelle mani del Signore: per questo non ci deprimono le rughe, non ci imbarazzano i capelli bianchi, non ci annienta il pensiero di essere sempre più vicini al traguardo, perché siamo nelle mani del Signore.

Allora possiamo cantare, ridere, scherzare, senza però dimenticare mai chi piange e soffre nella solitudine.

Don Roberto



in Storie di fede e Riflessioni