Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Il presepio ci parla

Maria

Sono un’adolescente di Nazareth. Appartengo ad una famiglia povera e semplice come tutte le famiglie della Galilea. I miei genitori mi hanno educata al rispetto, alla generosità e alla fede.

Nella mia povera vita ha fatto irruzione la Luce: un Angelo del cielo a dirmi che nel mio cuore e nel mio corpo avrei potuto ospitare la Luce, la Parola. Dipendeva da me.

Quel giorno mi sono spaventata perché la luce era troppo forte.

Avevo nel cuore una domanda, o meglio un dubbio: come avverrà questo, come avrei potuto diventare mamma dal momento che non mi sono unita ancora ad nessun uomo?

E poi perché l’Angelo della luce l’ha chiesto proprio a me?

L’Angelo mi ha rassicurato: il Mandante, l’Eterno Padre avrebbe, come sempre, provveduto Lui.  Alla fine ho scelto. Ho scelto di abbandonarmi. All’Angelo ho detto: Eccomi, sono qui, al servizio di questo progetto.

Tutto è andato come aveva detto l’Angelo. Da Nazareth io e Giuseppe ci siamo spostati a Gerusalemme. Io ero ormai al termine della gravidanza e a Gerusalemme non riuscivamo a trovare un posto caldo e tranquillo. Ci siamo spostati a Betlemme, che è il paese dove era nato Giuseppe, magari qualche suo parente poteva ospitarci. Invece no. Abbiamo dato alla luce nostro figlio in una mangiatoia.

Perché nessuno ha voluto accoglierci? Perché appena nato abbiamo dovuto scappare? Perché addirittura il grande Erode lo cercava, il mio figlio, perché voleva ucciderlo?

Quante domande nel cuore. Quante domande!

 

Giuseppe

Le sentivo quelle voci in piazza a Nazareth o fuori dalla mia bottega. Eccome se le sentivo. Ma come fa a fidarsi di una ragazza che aspetta un figlio che non è suo? Ma come è possibile che non capisca, che sia così ingenuo da non capire? Farebbe bene ad abbandonarla subito! Ed io che ero così perso dietro a Maria che non potevo far altro che crederle, malgrado tutto.

A dire la verità c’avevo pensato di abbandonarla per la sua strada. Ma l’Angelo della luce anche a me aveva detto di fidarmi dell’Altissimo. Più volte mentre dormivo, nel cuore dei miei sogni, una Voce mi indicava di fidarmi. Così io ho sempre fatto.

E quando a Betlemme è nato Gesù ero felicissimo di non aver abbandonato Maria.

Io sono sempre stato un uomo di poche parole. Pensavo a lavorare e a realizzare tutto quello che sarebbe servito per far star bene Maria e Gesù.

Mi dava fastidio tutto quello che sentivo, le mormorazioni intorno alla nostra storia, la diffidenza di chi giudicava senza conoscere, l’ipocrisia di coloro che pensavano di essere migliori degli altri. Ma non ci pensavo e continuavo a lasciarmi incantare da Maria e da nostro figlio. Mi domandavo spesso: cosa sarà di questo Bambino che quando è nato ha messo tutti in agitazione? Gli angeli dal cielo, i pastori dalle campagne, i Magi dall’oriente. Tutti a mettersi in movimento per venire a vederlo? Ma chi è questo nostro Figlio?

 

I pastori

La gente non ci ha mai apprezzato più di tanto. Del resto è anche un po’ da capire. Come fidarsi di gente che vive di notte, negli accampamenti, di uomini che lasciano le mogli e i figli per custodire gli animali.

Quella notte c’era tanta gente nei campi di Betlemme. Era il tempo del censimento. Le locande erano tutte strapiene. La gente dormiva anche all’aperto. Ma come mai gli Angeli della luce hanno scelto proprio noi per darci la notizia che era nato il Re dei re?

Anche se eravamo considerati maledetti, come se fossimo dei briganti, in realtà eravamo gente semplice. Uomini umili, senza complicazioni e senza grilli per la testa. Facevamo il nostro dovere con amore e con gioia. Avevamo il cuore genuino, come quello dei bambini.

Forse proprio per questo siamo stati i primi ad essere chiamati ad adorare quel bambino.

Questo bambino una volta diventato grande disse: Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Forse già pensava a noi. Semplici e umili.

Quando l’abbiamo visto nascere, quel Bambino  ci ha rapiti. Fin da subito abbiamo compreso che nulla sarebbe stato come prima.

Ecco perché senza fare tanti ragionamenti siamo ritornati nei nostri villaggi a raccontare a tutti ciò che avevamo visto. Una domanda ci rimane nel cuore: perché la gente non è più capace di meravigliarsi per tutto quello che di bello accade? Perché facciamo così fatica a lasciarci stupire?

 

I Magi

Noi veniamo da lontano, siamo ricchi, uomini di studio e di cultura, e siamo pellegrini alla ricerca della Verità.

Siamo giunti vicini a Gerusalemme, in un piccolo borgo di nome Betlemme. Non sapevamo nemmeno esistesse. Ci siamo giunti attratti dalla luce fortissima di una stella che mai si è separata da noi. Abbiamo percorso tantissima strada perché avevamo studiato le stelle e finalmente avevamo compreso che la luce del cielo ci avrebbe guidati là dove una giovane donna avrebbe messo al mondo il Salvatore del mondo.

C’abbiamo creduto e abbiamo investito tutto per questo viaggio. Per tutto il nostro viaggio una domanda si era radicata dentro di noi: dove è Dio? Dove possiamo incontrarlo? Dove è la Verità che ci può colmare di gioia?

Prima di giungere a Betlemme abbiamo incontrato anche Erode il Re d’Israele e nei suoi occhi abbiamo colto la crudeltà omicida. Abbiamo pensato bene di non ritornare mai più da lui. Giunti nella mangiatoia abbiamo regalato a quel Bambino, a suo padre e a sua madre, tutto ciò che avevamo: l’oro della nostra ricchezza, l’incenso della nostra fede e la mirra della nostra umanità. Sapevamo che nulla più avrebbe riempito il nostro cuore di gioia come l’aver potuto adorare quel Bambino.

Ora una domanda ci accompagna nel ritorno: potremo mai dimenticare la luce del volto di quel bambino che abbiamo contemplato?

Don Roberto



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