Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Il futuro

In questa ultima domenica dell’anno liturgico, prima di iniziare l’Avvento, il Vangelo ci presenta il pensiero di Gesù sul tema del futuro. In estrema sintesi Gesù afferma che tutto ciò che caratterizza il nostro presente, tutto quello che abbiamo costruito, perfino il magnifico tempio di Gerusalemme, un giorno non ci sarà più e che l’unica realtà che persisterà per sempre è la sua amicizia totale e impareggiabile. Per questo come credenti guardiamo positivamente al futuro,  perché  possiamo contare sulla fedeltà dell’amicizia di Gesù.

È ovvio che anche noi ci preoccupiamo del futuro, perché gli unici che non si preoccupano del futuro sono gli arroganti, coloro cioè che confidano solo in stessi. E non siamo nemmeno degli immaturi che vivono alla giornata affidandosi alla filosofia sdolcinata del “cogliere l’attimo”.

Il pensiero del futuro ci fa essere consapevolmente maturi per interessarci con tutto noi stessi a migliorare il presente.  È buona cosa dunque pensare e pensare molto al futuro, anche se questo può suscitare in noi sentimenti di paura.

L’unica possibilità per non lasciarci vincere dalla paura del futuro è di fare scelte ora e con tutta probabilità scelte impegnative, come suggeriva Indro Montanelli: “Quando non sai quale strada imboccare, scegli la più difficile. La meno attraente. Quella che oggi escluderesti in partenza e che domani, probabilmente, si rivelerà la migliore”.

Pensiamo molto al futuro dunque ma facciamo delle scelte oggi.

C’è un pittore, forse il più discusso dell’arte moderna, René Magritte, che mi indica una rappresentazione fenomenale del pensiero di Gesù sul futuro. Magritte ha dichiarato più volte di essere ateo, soprattutto dopo la morte di sua madre, probabilmente suicida. Tuttavia c’è un suo dipinto, intitolato “La chiaroveggenza”, nel quale, secondo me, fa risuonare l’eco del Vangelo.

L’arte riesce, a volte meglio di ogni altra cosa, a dire qualcosa del mistero, a rappresentare il travaglio per un futuro a cui non si riesce a dare un nome.

Nel dipinto il pittore ritrae se stesso mentre guarda un uovo appoggiato sul tavolo ma la mano che sostiene il pennello in realtà dipinge un uccello. Guarda l’uovo come figura da disegnare e in realtà dipinge il destino ultimo dell’uovo. Magritte, non credente, guarda un uovo e vede la vita che si libera in volo. Avrebbe potuto guardare l’uovo e dipingere un tegame pronto per cucinare l’occhio di bue o un frittata. No, dipinge un uccello che vola, perché pensa non alla fine dell’uovo, ma al suo fine.

Questo ci racconta il Vangelo: l’uomo avrà una fine, sicuramente. Ma soprattutto ha un fine, una destinazione.

Quanto bisogno abbiamo di questa “chiaroveggenza” di questa forza che ci tiene legati alla vita e ci fa credere che essa persisterà anche oltre la nostra morte. Solo a partire dall’adesione al nostro ultimo destino avremo la forza di fare delle scelte coraggiose oggi.

Ricordandoci che questa adesione non è frutto delle nostre capacità ma è possibile solo in virtù della promessa che Gesù ci ha fatto: “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

Don Roberto

 

 



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