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La cronofagia

Recentemente mi ha colpito il titolo di un libretto di Davide Mazzocco. Non conosco né l’autore né il contenuto del libro. Mi ha semplicemente attratto il termine: “cronofagia”. E il sottotitolo: “Come il capitalismo depreda il nostro tempo”. Nella prefazione l’autore afferma che essa è uno dei principi dell’ipercapitalismo attuale secondo cui il “tempo” sarebbe una risorsa al pari del denaro. La parola cronofagia è stata coniata nel 2015 Jean-Paul Galibert.

È una parola composta da “cronos” (tempo) e “fagia” (mangiare). La nostra cultura capitalista ci mangia il tempo e noi siamo divorati dal tempo che scorre non lasciandoci più la possibilità di avere la giusta consapevolezza della vita interiore, del gusto di ciò che è vero e bello.

“Il tempo è denaro” si dice. Quindi la mira del capitalismo è di considerare  il tempo come il denaro. Con tutto quello che ne consegue.

La Cronofagia, dice Mazzocco, è una forma di predazione capace di proporsi con i volti rassicuranti del progresso, della libertà d’espressione e dell’intrattenimento, un’appropriazione costante e pervasiva che mercifica segmenti sempre più ampi delle nostre vite. Dalla riduzione del sonno alle incombenze burocratiche riversate sulle masse, dalla diffusione dei social network alla fine dei tempi morti, dalle tecnodipendenze ai nontempi dei nonluoghi, dalle vacanze all’erosione della memoria.

I cronofagi sono i potenti dell’economia che vorrebbero mangiare il tempo con un’accelerazione costante delle cose, una corsa continua, un cronos sempre più vuoto di significato.

La dimostrazione sta nel fatto che tutti noi ci ritroviamo in ogni momento ad affermare: “non ho tempo”. Lo si dice a volte come alibi per nascondere la nostra pigrizia, ma soprattutto lo si dice perché, dovendo occuparci ogni giorno di tantissime cose, ci sembra che effettivamente “qualcuno” ci mangi il tempo, ci sembra di non avere mai il tempo sufficiente.

Ma chi è padrone del mio tempo? Io o qualcun altro?

Ci sarebbe un “sistema”, secondo Mazzocco che ruba il nostro tempo e la nostra attenzione. Nel piccolo volume l’autore racconta molti esempi concreti. Due in particolare sono degni di nota.

Pare che in media trascorriamo 135 minuti della nostra giornata sui social network (nel 2012 erano 90 minuti), e sottraiamo una notevole quantità di tempo ad altre occupazioni. Non siamo obbligati a farlo, ma il sistema in cui viviamo è una specie di dittatura dalla quale è difficile difendersi.

Ma il secondo esempio è semplicemente terrificante. È la vicenda di due genitori sudcoreani che lasciano morire di stenti il loro neonato perché impegnati in un videogame. È paradossale che accada una cosa del genere, ma fa capire bene che sono proprio gli adulti ad avere un rapporto con le cose e di conseguenza con la gestione del tempo.

Mazzocco tira questa conclusione: Sconfiggere i cronofagi significa far crollare le fondamenta stessa del mondo in cui viviamo: qualcosa che non può certo avvenire in modo indolore.

Sconfiggere i fautori della cronofagia non è facile.

Bisognerebbe innanzitutto che ci sia una “disciplina del tempo”, che ognuno sia padrone del tempo e non sia dominato dalla presunta scarsità  del tempo. Poi occorre che si trovi una strategia per non “perdere tempo” in cose inutili che non fanno crescere.

Per noi cristiani, infine, sarebbe opportuno tener presente che siamo chiamati a santificare il tempo riservando ogni giorno dei momenti per pregare, per ascoltare e meditare la Parola di Dio.

Don Roberto



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