Tra pochi giorni la liturgia della Settimana Santa ci interrogherà sull’Evento centrale della nostra fede cristiana: la risurrezione.
Condivido tre testi che possono aiutarci ad entrare in punta di piedi e con stupore nel mistero della Pasqua.
Il primo è di un grande padre della Chiesa, Isacco il Siro “Il solo vero peccato è essere insensibili alla risurrezione e solo colui che conosce il mistero della croce e della tomba, conosce il senso autentico delle cose ed è iniziato all’indicibile potenza della resurrezione; conosce lo scopo secondo il quale Dio in principio ha stabilito tutte le cose”.
Il secondo testo è uno stralcio di un libro di Paolo Rumiz. Nel suo libro “Gerusalemme perduta” il giornalista viaggiatore racconta questa efficace testimonianza vissuta proprio vicino al Santo Sepolcro di Cristo.
“Ciondolano davanti alla tomba di Cristo con la minerale in una mano e il cellulare nell’altra. Rasati a zero, spalle fuori e bermuda al limite della decenza. Un branco di ebeti, ecco l’Occidente, i difensori della cristianità, in coda davanti alla cripta ubi corpus Eius positum fuit (la cripta dove il Suo corpo fu posto). L’occhio del monaco che li smista è colmo di disgusto, se potesse li caccerebbe a bastonate, ma loro non se ne accorgono. Guardano nel nulla. Uno si infila un dito nel naso. Un altro quasi grida: “Oh, that’s beautiful”, è meraviglioso!
“Ma la tomba è vuota!” sussurra un inglese a un amico, poco dopo essere uscito a testa bassa dal buio quadrilatero. Non capisce che il senso del sepolcro è proprio in quello spazio vuoto, sta tutto in quel corpo che non c’è.
“La vita è nella tomba” sussurra ghignando il vescovo greco Theofilos per spiegare a me, misero cristiano d’Occidente, che il mistero è tutto in quelle reliquie”.
Infine il terzo testo, un verso potentissimo del poeta Paul Eluard, che forse nemmeno lui pensava di esprimersi così bene quando scrive: “C’è un altro mondo, ma è in questo!”.
Come possiamo pensare e annunciare la risurrezione?
Non significa proclamare immediatamente un’altra vita, quella dopo la morte. Ma significa già da ora mostrare che la vita può diventare più intensa di come è e che tutte le situazioni di morte che attraversiamo possono trasformarsi in risurrezione.
Noi cristiani possiamo testimoniare una morale di resurrezione da intendere come chiamata a una vita più profonda, più intensa, che alla fine sconvolga il senso stesso della morte.
Non permettiamo dunque a noi stessi di essere insensibili alla risurrezione, altrimenti perderemmo l’essenziale della nostra fede.
Don Roberto
Pubblicato il 2 Aprile 2022
in
Storie di fede e Riflessioni