Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Dico ancora le preghiere

Un adolescente, protagonista di un bel racconto di Erri De Luca intitolato “Montedidio” fa una riflessione sulla fede. Tenendo conto che il poeta scrittore De Luca non si professa cristiano pur essendo un profondo conoscitore della sacra Scrittura, queste parole suonano per noi come una sfida, una provocazione attuale per la vita spirituale nostra e dei nostri figli.

Montedidio” è un racconto surreale ambientato a Napoli. Il protagonista è un tredicenne che impara la vita, il lavoro e l’amore. Nel negozio del calzolaio, dove ogni giorno si applica per imparare un mestiere, incontra un misterioso anziano ebreo che lo accompagna nell’apertura alla vita. Dice quel ragazzino: “Dico ancora le preghiere. Dentro il ripostiglio dove dormo non c’è finestra e mentre mi dico l’Angelo Custode mi pare di stare sui lavatoi con tanto di cielo aperto al posto del soffitto. Non credo che questa è una fede, lo faccio per abitudine, per non togliere le ultime parole della sera. Rafaniello dice che a forza di insistere Dio è costretto a esistere, a forza di preghiere si forma il suo orecchio, a forza di lacrime nostre i suoi occhi vedono, a forza di allegria spunta il suo sorriso. Come il bumerang, penso: a forza di esercizio si prepara il lancio, ma la fede può uscire da un allenamento? Ripeto le sue parole per iscritto, più avanti forse le capirò”.

Il tema della fede è per un adolescente un ambito di crisi, cioè di giudizio: nella costruzione della propria identità deve giudicare la fede ricevuta nell’infanzia, con tutte le modalità e le abitudini e immaginare come poterla inserire nella riorganizzazione della propria esistenza.

Può essere che un adolescente dica ancora le preghiere. Ma questo non vuol dire che preghi. Questo a maggior ragione vale per gli adulti.

Con tanto di cielo aperto. Per avere una relazione con il Signore nella preghiera occorre oltrepassare il proprio soffitto e scorgere il cielo aperto.

Non credo che questa è una fede, lo faccio per abitudine. Il dubbio viene perché le cose che facciamo per abitudine sono sempre ambivalenti: l’abitudine può essere un regime senza consapevolezza, ma può anche essere un metodo che ci sostiene soprattutto quando ci manca la motivazione e l’entusiasmo.

A forza di preghiere si forma l’orecchio, a forza di lacrime nostre i suoi occhi vedono, a forza di allegria spunta il suo sorriso. Che sia la nostra preghiera a far esistere Dio non corrisponde di certo alla Rivelazione. Forse è proprio vero il contrario: è Dio che fa esistere noi e le nostre preghiere. Comunque mi sembra bello pensare che quando noi insistiamo nella preghiera “costringiamo” il Signore ad un ascolto sensibile.

La fede può uscire da un allenamento? La fede è l’incontro di due cammini, quello di Dio verso l’uomo e quello dell’uomo verso Dio. La fede è un dono di grazia ed è contemporaneamente una conquista della nostra libera volontà. Gli esercizi di allenamento che noi siamo chiamati a svolgere ci predispongono a ricevere il dono della libertà di Dio. La fede non può essere solo un allenamento ma sicuramente i nostri esercizi sono indispensabili.

Più avanti forse le capirò. Non tutto è sempre e subito disponibile alla nostra comprensione. A volte le parole della fede che ascoltavamo da ragazzi le comprendiamo solo quando siamo grandi. Oppure può anche darsi che non le capiremo mai. Bisogna comunque avere pazienza e fiducia. E continuare a dar credito al Vangelo, che se anche fatichiamo a comprenderlo sempre, è la Parola viva che prima o poi porterà frutto.

Don Roberto



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