Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’alfabeto della Parrocchia 3: Z come ZUCCHERO

Per il tema la maestra aveva posto due domande ai suoi alunni: chi mi sa dire con parole sue chi è Dio? E: come fate a sapere che Dio esiste, se nessuno l’ha mai visto?

La risposta più bella, al di là di tante risposte imparate a memoria, l’ha scritta un ragazzino timido e saggio. Ha scritto: “Dio è come lo zucchero che la mamma ogni mattina scioglie nel latte per prepararmi la colazione. Io non vedo lo zucchero nella tazza, ma se la mamma non lo mette, ne sento subito la mancanza. Ecco, Dio è così, anche se non lo vediamo. Se lui non c’è la nostra vita è amara, è senza gusto”.

La maestra, al posto del voto ha commentato così: “Vedete bambini, ciò che ci fa saggi non è il sapere molte cose, ma l’essere convinti che Dio fa parte della nostra vita”.

È una bella risposta quella del bambino. Dio è come lo zucchero perché è dolce la sua presenza e la sua tenerezza si espande su ogni creatura.

In un bellissimo romanzo di Eric Emmanuel Schmitt, intitolato “Il bambino di Noè”, si racconta che, durante la seconda guerra mondiale, un bambino ebreo rifugiato in un orfanatrofio cristiano, entra per la prima volta in chiesa durante la messa e vive l’esperienza della dolce presenza di Dio così: Sollevai la testa e guardandomi intorno, vidi che c’erano abbastanza sedili per far accomodare ognuno dei presenti. Ma dove si sarebbe seduto Dio? E perché i trecento umani stipati in quel luogo al livello del pavimento occupavano cosi poco posto? A che serviva tutto quello spazio intorno? Dove alloggiava Dio a casa sua? I muri tremarono e quelle vibrazioni divennero musica: l’organo aveva cominciato a suonare. Gli acuti mi solleticavano le orecchie, i bassi mi accarezzavano. La melodia si spandeva densa, generosa. In un attimo capii tutto: Dio era là, Dappertutto intorno a noi. Dappertutto sopra di noi. Era lui l’aria che vibrava, l’aria che cantava, l`aria che rimbalzava sono le volte, l`aria che inarcava la schiena sotto la cupola. Era lui l’aria che si stemperava nei colori delle vetrate, l`aria che brillava, l’aria cangiante che sapeva di mirra, di cera d`api e di profumo di gigli. Avevo il cuore pieno, il cuore forte. Respiravo Dio a pieni polmoni, al limite dello svenimento. La liturgia seguiva il suo corso. Io non ci capivo niente, contemplavo la cerimonia passivo e affascinato.

Dio, come lo zucchero nella tazza, non si vede, ma i bambini, che a noi ci sembrano tanto distratti e lontani, di fatto sono i primi a percepire la sua   presenza, al di là delle nostre capacità intellettuali, come una dolcezza inebriante. Sono loro, i bambini, a rivelarci come sia, al contrario, molto amara la nostra vita senza la dolcezza di Dio.

Don Roberto

 



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