Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’alfabeto della Parrocchia 2: G come GRATITUDINE

Il vangelo racconta che un giorno Gesù guarì dieci lebbrosi ma uno solo ritornò indietro a ringraziare. Ringraziare è perciò una virtù non scontata e la percentuale di chi ringrazia veramente, con il cuore, è bassa, uno su dieci.

La gratitudine, dice il vocabolario, è il sentimento e la disposizione d’animo che comporta affetto verso chi ci ha fatto del bene, ricordo del beneficio ricevuto e desiderio di poterlo ricambiare.

Ai ragazzi insegniamo che la parola “grazie” è una delle parole magiche, insieme a scusa e a permesso, per favore e ti voglio bene.

Scrive Enzo Bianchi: “Sento in me una profonda gratitudine; ringrazio Dio che mi ha chiamato a vivere, mi ha fatto cristiano e mi ha conservato fino ad oggi in una vita faticosa, certo, ma bella, buona, beata. Profonda gratitudine poi per quelle persone che hanno reso la mia vita più felice, dandomi la possibilità di venire al mondo bene, fino a rendermi capace di amare fedelmente questa terra come una madre, fino a voler bene a molti uomini e molte donne. Sì, nonostante tutto ho fatto l’esperienza di essere amato, vedendo accrescersi sempre più in me lo stupore e la meraviglia. A quante persone sono debitore! Non meritavo nulla e così, senza merito e senza doverlo acquistare, ho conosciuto l’amore. Per questo, ogni sera prima di coricarmi, alla fine della preghiera bacio la terra. In particolare la gratitudine è dovuta al fatto che la mia vita è stata segnata dall’amicizia: da quando avevo tredici anni fino ad oggi non ha mai vissuto una stagione senza amici, beni preziosi che il Signore mi ha dato, doni che han reso la mia vita stracolma di bontà e di bellezza”.

C’è una straordinaria fiaba che racconta che si avvicinava la stagione delle piogge e un uomo molto anziano scavava buchi nel terreno. “Che cosa stai facendo?” gli chiese il vicino. “Pianto alberi di mango”, gli rispose il vecchio. “Pensi di riuscire a mangiarne i frutti?”. “No, io non vivrò abbastanza a lungo per poterne mangiare, ma gli altri sì. L’altro giorno ho pensato che, per tutta la vita, ho gustato manghi piantati da altri. Questo è il mio modo di dimostrare loro la mia riconoscenza”.

Imparare a ringraziare non è solo questione di buona educazione, di gentilezza nel carattere. È invece il sintomo che si apprezza la vita e si desidera stabilire una relazione di comunione con coloro che sono buoni con noi.

Per noi cristiani l’Eucarestia è il momento più alto in cui si concentrano tutti i nostri sentimenti di gratitudine per il Buon Dio che non smette mai di elargire i suoi doni per noi. Infatti, diceva un filosofo che il momento peggiore per un ateo è quando prova un sentimento di gratitudine e non ha nessuno da ringraziare.

Don Roberto

 



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