Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’alfabeto della Parrocchia 2: B come BENEDIRE

Tra i tanti libri della chiesa ce n’è uno che è stato pubblicato recentemente e si intitola “Benedizionale”. È il libro che raccoglie tutte le formule e le preghiere per ogni sorta di benedizione da impartire sulle persone, sul popolo, sui luoghi, sulle cose, in tutte le diverse situazioni e avvenimenti della vita.

I gesti più usuali per benedire sono quelli di estendere, innalzare, congiungere e imporre le mani, il segno della croce, l’aspersione dell’acqua benedetta, l’incensazione.

Benedire significa invocare da Dio il bene e la protezione, significa rendere grazie, esprimere riconoscenza. Nella liturgia cristiana la conclusione è sempre corrispondente al gesto del sacerdote che, alzando la mano destra e compiendo il segno della croce, impartisce la benedizione in nome di Dio.

Benché spesso si cerchi una benedizione quasi per scaramanzia, la benedizione, dice padre Ermes Ronchi, non è né ricchezza né salute né fortuna, ma semplicemente la luce: luce interiore, luce per camminare e scegliere, luce da gustare. Dio benedice con la luce: vale a dire ponendoti accanto persone dal volto e dal cuore di luce, cui dire: mi basta vederti per sapere che Dio c’è, che Dio è luce. E il tuo cuore ti dirà che tu sei fatto per la luce.

Tra le tante benedizioni due mi piacciono tantissimo. Quella del primo giorno dell’anno, tratta dal libro dei Numeri, che dice: “Ti benedica il Signore e ti custodisca, faccia risplendere per te il suo volto e ti conceda la pace”. Con questa benedizione si evidenziano i temi della luce e della pace, doni che il Signore ci elargisce quando siamo in comunione con Lui.

La seconda è la benedizione che si impartisce agli ammalati nel sacramento dell’Estrema Unzione: “Il Signore Gesù Cristo sia accanto a te per proteggerti. Amen. Sia dinanzi a te per guidarti, sia dietro a te per difenderti. Amen. Rivolga a te il suo sguardo, ti assista e ti benedica. Amen”. Le parole di questa benedizione esprimono il senso di protezione e di accompagnamento che la Provvidenza di Dio esercita su di noi sempre e soprattutto quando viviamo l’esperienza della fatica e della sofferenza.

La benedizione è un atto primariamente di Dio, ma è anche un atto dell’uomo, chiamato a benedire, cioè a “dire bene”. Spesso accade di mandare qualcuno “a farsi benedire”, questo è un modo di dire che letteralmente indica la volontà di mandar via, di allontanare. Invece dire: Che Dio ti benedica! è un bel saluto che potremmo imparare a scambiarci reciprocamente quando ci incontriamo.

Don Roberto

 



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