Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’esito di un esame e la Lectio divina

Noi non possiamo pensare che l’anima è il corpo siano separabili come se fossero due realtà a sé stanti.

Questo lo pensavano i filosofi come Platone per esempio che diceva che l’anima è immortale e il corpo è solo uno strumento per contenere temporaneamente lo spirito. La dualità tra anima e corpo è sempre stato un tema dibattuto in ogni disciplina.

Avere a cuore il corpo significa star bene nello spirito e, forse, viceversa.

Mi ha molto colpito a questo proposito, il passaggio di un articolo di un acuto sacerdote che afferma: Fare le analisi previe ad un’operazione in ospedale ha una dimensione spirituale, oggi quasi più che un’ora di Lectio divina. Perché occuparsi del corpo ti obbliga a pensare.

Questa riflessione mette in evidenza il realismo con cui possiamo valutare il rapporto tra corpo e anima senza scadere nella dicotomia per cui il corpo va da una parte e l’anima dall’altra.

La logica dell’incarnazione di Dio è il riferimento più illuminante per considerare con armonia e rispetto ogni affermazione.

Una buona sintesi mi pare quella realizza San Paolo nella prima Lettera ai Tessalonicesi, San Paolo dice: “Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”.

Quando una famiglia è in attesa degli esiti di un esame si mettono in moto alcune dinamiche che mostrano esattamente l’intreccio dell’anima e del corpo, intreccio anche delle dimensioni fondamentali dell’esistenza umana: fisica, spirituale e psicologia.

Lo studio di un medico può essere contemporaneamente il ring dove i nervi si sfidano a combattimento o la cappella nella quale si consuma la preghiera silenziosa della fiducia.

L’attesa del referto vale più di una Lectio divina. Cioè: in quel momento, in cui tutto sembra essere sospeso, si succedono le tappe della preghiera: l’invocazione, l’ascolto, la meditazione e l’affidamento. L’invocazione per chiedere al Signore la forza che a noi manca ed il coraggio per non essere confusi. Poi c’è l’ascolto della Parola che il Signore non fa mai mancare, basta mettere attenzione ai suoi sussurri, una Parola giusta e viva in ogni momento. C’è poi la meditazione, la rilettura della propria vita che ci permette di ritrovare l’ordine delle priorità. Ed infine l’affidamento nelle mani della Provvidenza perché Lui, e solo Lui, ci può dare la certezza che il futuro di ciascuno di noi sarà senz’altro buono, malgrado tutto.

Alla fine di una Lectio divina o dell’attesa dal dottore, mi ricordo che non sono io a comandare i miei organi e che il mio corpo è un dono, come tutta mia vita.

Don Roberto



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