Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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E se fosse per sempre…

Sarà un’estate dura e faticosa. Penso soprattutto ai ragazzi e agli adolescenti, ma anche a chi ha tanto tempo libero. Era il 20 Marzo e mentre mi stavo cucinando una pastasciutta passavano alla radio una canzone che ripeteva: “E se fosse per sempre..”.

Mi è venuto subito da pensare e da scrivere cosa sarebbe la vita se fosse sempre così? Tutti in casa con molto tempo libero, tutti a riscoprire le cose che contano, l’essenziale. Personalmente mi sono ritrovato ad avere il tempo per ciò che rimandavo sempre e per ciò che mi piaceva di più e non avevo mai il tempo di fare, leggere, meditare, pregare…

Poi, il passaggio di giorni sempre uguali, mi chiedevo: ma come vivono le persone questi giorni? Chissà che noia! Se fosse sempre così, chissà quanta gente tirava a campare senza trovare un senso, una passione, qualcosa che riempisse di gioia le giornate interminabili del lockdown.

Così quel giorno ho approfondito una riflessione sulla noia.

Per esempio ho scoperto che la noia affonda le sue radici in uno dei sette vizi capitali: l’accidia. Così andai a riprendere un testo che ricordavo d’aver studiato in teologia, un testo di un monaco chiamato Adamo il Certosino che nel dodicesimo secolo, in modo estremamente  moderna, così scriveva: Spesso, quando sei solo in cella, si impadronisce di te una certa inerzia, un’insensibilità mentale (languor spiritus) ed una nausea del cuore (taedium cordis). Avverti un’enorme ripugnanza. Sei un peso per te stesso, e quella gioia interna che ti faceva sentire così felice ti ha abbandonato. La dolcezza che provavi ieri o l’altro ieri si è trasformata in grande amarezza; il flusso di lacrime che tutto ti bagnava si è inaridito.

Sembra di leggere il saggio di Sartre del ‘900 intitolato “La nausea”. Sembra di riascoltare tanti racconti di questi giorni nei quali “la dolcezza di ieri” sembra essere andata perduta.

Continua il monaco Certosino: La tua anima è in pezzi, confusa e divisa, triste e amareggiata. Quando tenti di placarla, non riesci. Non ti piace leggere, la preghiera non ti dà la pace che cerchi, né riesci a trovare la dolce pioggia della meditazione spirituale. Cosa dire ancora? Non esistono gioia spirituale e letizia in te. Sei disposto e pronto agli scherzi, alle storielle e alle conversazioni oziose, ma sei lento sul far silenzio e nell’assumerti un impegno serio o un esercizio. O che orribile cambiamento nei tuoi progetti!

Bisognerebbe ammettere, con tutta franchezza che ci hanno abitato anche molte occupazioni futili, passatempi oziosi, di quanto tempo prezioso abbiamo sprecato in cose che non ci hanno fatto crescere o forse addirittura che ci hanno peggiorato.

Un altro monaco del quarto secolo, Evagrio Pontico, così scriveva: L’occhio di chi è nell’accidia guarda con insistenza alla finestra, il suo spirito immagina sempre visitatori. La porta scricchiola, subito egli balza in piedi. Ha sentito una voce, subito guarda dalla finestra, e non se ne allontana che per sedersi e sonnecchiare. Quando sta leggendo, chi è preso d’accidia sbadiglia abbondantemente e facilmente si lascia prendere dal sonno. Si stropiccia gli occhi, stira le membra, poi – levati gli occhi dal libro – guarda il muro; ricomincia per un po’ a leggere; sfoglia il libro per vedere quando finisce e così perde il suo tempo.

È vero noi non siamo monaci, ma loro, i monaci che hanno la vocazione “alla cella” molto ci insegnano in questo tempo, soprattutto per non sprecare tempo e per far crescere la nostra vita spirituale. Sempre i monaci affermano che sono otto le “figlie” dell’accidia o, se vogliamo della noia: oziosità, sonnolenza, inopportunità, inquietudine, divagazione, instabilità della mente e del corpo, loquacità e curiosità. Attraverso le figlie ci è più facile riconoscere l’identità della madre, la noia appunto.

Tutti i guai dell’uomo derivano dal non saper stare fermo in una stanza, diceva Blaise Pascal.

Sempre secondo i monaci, l’alternativa alla noia, o all’accidia, era una sola: la conversione a Dio. Fondamentalmente, questa è l’unica alternativa anche per noi, che in qualche modo ci siamo sentiti un po’ monaci costretti da questo maledetto virus.

Sarà un’estate lunga e faticosa, soprattutto perché non potremo fare quello che abbiamo sempre fatto. Forse sarà dura e difficile anche perché sappiamo che anche alla fine dell’estate non potremo più essere e fare come prima. In un’intervista al settimanale cattolico “Credere” don Fabio Rosini, noto e apprezzato sacerdote di Roma ha affermato: È venuto il momento di chiederci, oggi più che mai, cosa conta davvero nella vita, come ci ha invitato a fare Papa Francesco. Questo significa prendere coscienza della nostra vera realtà e delle nostre fragilità. Mi dà terrore vedere che molti, anche in ambito ecclesiale, stanno tornando a fare quanto si faceva prima. Credo, invece, che tutto debba essere messo in discussione. Cosa ha fatto Dio in questo tempo? Ci ha fatto saltare i programmi! Ma allora buttiamoli via definitivamente! Siamo diventati irrilevanti perché abbiamo il messaggio più bello del mondo da dare, ma il “come” lo facciamo è viziato dall’efficientismo.

E se fosse per sempre? … non mi dispiacerebbe riuscire a sconfiggere la noia, anche quando arriverà il tempo della “normalità” perché forse avremo imparato a fare di meno e a fare meglio, con più passione e con più gioia.

Sant’Agostino scriveva che il non lavorare è la più grande fatica che esista e si riferiva alla conversione a cui siamo chiamati per far morire la noia: trasformare il nostro tempo in qualcosa di positivo e di fecondo. E cosa c’è di più positivo e di più fecondo che ascoltare la Voce di Dio in noi?

Don Roberto



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