Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Il Vangelo secondo Rembrandt

La quarta domenica di quaresima ci presenta la parabola notissima del ritorno del figliol prodigo nella casa del Padre. È il capitolo 15 di Luca, considerato il Vangelo nel Vangelo. Non è possibile, scriveva sant’Agostino, ascoltare questo racconto senza avvertire nel cuore un movimento di emozione. Questa parabola, considerata universalmente uno dei vertici di tutta la letteratura, è stata rappresentata da molti artisti. Forse l’opera più suggestiva l’ha dipinta  il pittore olandese Rembrandt (1606- 1663)

All’indomani della morte di Rembrandt, avvenuta in condizioni di estrema povertà, viene trovato nella sua casa questo dipinto che ora si trova a San Pietroburgo.

Tra i tanti elementi affascinanti di questo dipinto ne metto in evidenza due che mi sembrano i più importanti rispetto al brano di Vangelo.

Il primo è la testa rasata del figlio che ritorna a casa. È dipinto come uno schiavo, prigioniero della vita vuota che ha vissuto lontano dal padre. Schiavo di una vita rovinata dal male, sciupata dal vizio. Ma quella testa rasata è anche il segno della penitenza, del desiderio di purificarsi e di ricominciare. Il cammino di questo figlio è stato molto faticoso: ha conosciuto l’abisso del peccato, lo struggimento del pentimento e la gioia della riconciliazione. Finalmente è ritornato tra le braccia del padre.

C’è un secondo particolare che colpisce: in molti si sono chiesti come mai in questa storia familiare c’è un’assenza così evidente, quella della madre.

Rembrandt mette in evidenza una risposta sorprendente che non è solo un espediente artistico ma un vero e proprio annuncio che interpreta molto bene la parabola. È il particolare delle mani che stringono con determinazione il figlio finalmente ritrovato. Guardando attentamente scopriamo che le due mani sono diverse: la mano destra è la mano di una donna, affusolata, delicata e dolce, mentre la mano sinistra è robusta, ruvida, maschile.

Ecco il cuore di quest’opera: Dio è tutto, è insieme padre e madre, in Lui convivono l’amore tenero della madre e la forza del padre. Solo da questa congiunzione può nascere una creatura nuova. In questo particolare viene raccontata la storia del perdono come fosse un atto d’amore che genera la vita.

Ci stiamo avvicinando alla Pasqua e la domanda non è: “come faccio a trovare Dio?”, ma “Come faccio a lasciarmi trovare da Lui?”. Perché se mi lascio trovare da Lui, se non mi nascondo, Lui ha davvero la forza per rigenerarmi, per fare di me una creatura nuova.

In Dio c’è tutto: c’è la disciplina del padre, la spina dorsale, l’autorevolezza e la determinazione, ma c’è anche l’amore della madre, la comprensione senza misura, la misericordia viscerale.

In questo abbraccio c’è dunque tutto ciò che mi rimette in piedi come figlio, prescindendo dal mio passato e dal mio peccato. Lasciamoci riconciliare con Dio, saremo uomini e donne completamente nuovi.

Don Roberto



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