Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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La gioia va coltivata

Ho trovato un appunto su un mio vecchio quaderno che, coll’avanzar del tempo, ritrovo ancor più vero. Quando la vita suona l’ora della raccolta si sentono, senza aver fatto troppo di male, mille piccoli disgusti di se stesso, il cui totale non fa un rimorso pieno, ma un disagio oscuro.

L’ho riletto pochi giorni fa citato nel libro “A riveder le stelle” il volume di Aldo Cazzullo su Dante, il poeta che inventò l’Italia.

Scopro che queste parole, contenute nel Cyrano di Bergerac, le pronuncia un certo De Guiche, il prepotente riccone che vuole portar via Rossana da Cyrano. Quando è il momento di tirare le somme, della vita o di qualche esperienza, si guarda indietro: non si è mai fatto nulla di troppo male per avere un rimorso, ma è la somma di tanti piccoli disgusti a generare un continuo e oscuro disagio.

Capisco che è una visone un po’ decandente  della vita, visone tipica di chi avanza nell’età, visione che rimarca, a volte senza pietà, la progressiva perdita di forza e di splendore.

Capisco anche che queste parole possono essere la chiave interpretativa del “disagio oscuro” con cui molte persone tirano a campare. Una felicità sempre in difetto, come una coperta corta.

Non aver nessun rimorso non coincide con una vita felice perché i piccoli disgusti rendono farraginosa la gioia.

La gioia quindi va coltivata. Ma come si fa? Come vivere giornate semplici e gioiose senza l’ombra del disagio oscuro? Come riconciliarsi con i mille disgusti di se stessi, con i propri limiti e le proprie sofferenze?

Una prospettiva interessante la propone Franco Nembrini quando afferma: Che liberazione sarebbe accettare che la nostra vocazione, la nostra persona nella sua assoluta singolarità, le circostanze concrete della nostra vita, la famiglia, il tuo corpo, il quartiere in cui abiti, il lavoro che fai, il dolore che ti tocca portare, le circostanze fossero il fattore ineliminabile, strutturale del realizzarsi della nostra persona e della nostra felicità. Quanto tempo ed energie sprechiamo alla ricerca di circostanze diverse. Accettare le circostanze in cui Dio ci ha messo è il fattore prezioso per rendere reale la nostra gioia. Spesso ci illudiamo che la noia e la fatica che viviamo sparirebbero in circostanze diverse. Allora diventiamo matti per cercare di cambiare le circostanze, lamentandoci delle attuali: se avessi un’altra famiglia, un altro corpo, un altro paese… Inseguendo circostanze mai raggiungibili ci consegniamo ad una vita che assomiglia ad un inferno.

Il paradiso sarebbe la scoperta che quelle circostanze, le mie circostanze sono proprio quelle di cui ho bisogno per diventare me stesso e per essere felice. Per questo è importante imparare a ringraziare Dio per quello che si ha anziché lamentarci per quel che non si ha.

Don Roberto

 



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