Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Celebrare il tempo del pianto

Lo scorso anno in queste settimane iniziava il calvario per tanti fratelli e sorelle che non ce l’hanno fatta contro la durezza del Covid, il nemico invisibile che ha mietuto e continua a mietere migliaia e migliaia di vittime in tutto il mondo. Nel ricordo di tanta sofferenza celebriamo il tempo del pianto.

Quando Gesù vide Maria che piangeva, e vide piangere anche quelli che erano venuti con lei, fu scosso dalla tristezza e dall’emozione… Gesù si mise a piangere. Così il Vangelo racconta la partecipazione del Signore al dolore della morte dell’amico Lazzaro.

Celebrare il tempo del pianto vuol dire riconoscere la nostra impotenza davanti alla sofferenza degli altri. Questo ci costringe a rimanere a lungo in silenzio prima di balbettare qualche parola che abbia il sapore della speranza e della consolazione rifiutando di pronunciare frasi fatte e di tentare di esprimere una compassione artificiale. Le lacrime che nascono dal cuore purificano la nostra vicinanza vicino a chi soffre.

Celebrare il tempo del pianto significa essere consapevoli di quel sentimento doloroso per il quale ci sembra che Dio ci abbandoni, che la fede si faccia oscura e tenebrosa. E allora quello è il momento della preghiera intonata dalle lacrime e sostenuta dall’abbondono fiducioso: non sia fatta la tua volontà, ma la Tua.

Celebrare il tempo del pianto significa vedere nella sofferenza un mistero così grande che Dio in punta di piedi lo sceglie per manifestarci la sua tenerezza e lo fa mostrandoci il volto del Figlio irrigato anch’esso dalle lacrime. Gesù ha versato lacrime di dolore nella sua passione e ci invita a credere che nessuna lacrima versata per amore è perduta per l’Amore.

La quaresima ci introdurrà nella settimana della Passione del Signore. Le lacrime sono mio pane giorno e notte, ci farà pregare il salmo. Ultimamente mi capita spesso di trattenere a fatica le lacrime durante la celebrazione dei funerali. La sofferenza e la morte ci fanno piangere perché mettono a nudo la nostra vulnerabilità e la morte di uno solo ci riguarda davvero tutti, ci ricorda la nostra fragilità, la nostra impotenza.

Ma la stagione del pianto ci ricorda anche che ci sarà finalmente una stagione nella quale il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto e la morte sarà eliminata per sempre, come afferma Isaia il Profeta. Certo nel Paradiso non ci sarà più nessuna celebrazione del pianto. Ma anche adesso, nel nostro pellegrinaggio terreno, la Grazia della consolazione ci raggiunge accarezzando le nostre ferite. Beati coloro che piangono, perché saranno consolati.

Non è la sofferenza che ci salva. Gesù non ha mai detto che più uno soffre e più è vicino a Dio. Non è la sofferenza che ci salva, ma l’amore. L’esperienza dell’amore è la vera consolazione che rende il nostro pianto una celebrazione di speranza.

Don Roberto

 



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