Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Trovare Dio in ogni cosa

Il Covid ha portato a galla, tra le tante altre cose, la natura fragile della fede degli uomini e il “senso di Dio” che sempre più pare svanirsi.

Nei dibattiti degli addetti ai lavori ma anche nelle conversazioni abituali della gente sembra ormai assodato che siamo di fronte al fallimento della catechesi tradizionale e che la trasmissione della fede alle nuove generazioni sia definitivamente in stallo. Come fare dunque?

La questione che sorge è di sapere se si possa proporre un’altra via, specialmente ai ragazzi e ai giovani, per aiutarli a percepire la presenza dell`Altissimo, sia nella loro vita, sia nel mondo nel quale sono necessariamente inseriti. Come aiutare i nostri figli ad avere il senso di Dio?

In un’intervista del 2013 padre Adolfo Nicolas superiore dei Gesuiti ha suggerito questa prospettiva: Quando non c`è più la fede, il linguaggio profetico non ha più senso. La prova abbatte la gente, e i cuori sono freddi. Partendo da quest’osservazione, un nuovo linguaggio appare nella Bibbia, il linguaggio sapienziale. Questa sapienza consiste nel trovare Dio in ogni cosa. Si tratta del linguaggio di Dio con la famiglia, con i bambini, nella cultura, in tutto. Questo porta il popolo a una nuova relazione con Dio, una relazione sapienziale in profondità. Si tratta di un messaggio che produce senso sia per i credenti, sia per i non-credenti. Forse si tratta di un linguaggio che emerge nel mondo di oggi per raggiungere i confini.

La via alternativa da percorrere potrebbe essere quella di assumere nella catechesi il linguaggio sapienziale che i Libri della Bibbia chiamati appunto “sapienziali” (Giobbe, i Salmi, Proverbi, Qoelet, il Cantico dei Cantici, la Sapienza, Siracide) mostrano come reale possibilità per giungere alla comprensione di se stessi, della realtà e di Dio.

In realtà i libri sapienziali della Bibbia sono poco letti e poco conosciuti, anche da noi cristiani. Eppure il ritorno alla sapienza non solo potrebbe essere un grande aiuto nella crisi attuale della trasmissione della catechesi, ma anche un contributo prezioso e profondo per il discernimento della vita spirituale.

Se una persona ha tutto ma non ha la sapienza non ha nulla. Se uno non ha nulla ma ha la sapienza ha tutto.

In questo senso l’educazione catechistica non ha come obiettivo quello di inculcare alcune nozioni, ma di aiutare i ragazzi a diventare sapienti. Cosa significa essere sapiente? In sintesi potremmo dire che essere sapiente significa conoscere profondamente la propria esperienza di vita, apprendere con gratitudine la grande lezione della natura e della storia e trovare Dio in ogni cosa.

Quando Rabbi Jizchak Méir era un bambinetto, sua madre lo condusse una volta dal Maggid di Kosnilz. Qui qualcuno gli chiese: “Jizchak Méir, ti do un fiorino se riesci a dirmi dove Dio abita”. Egli rispose: “E io te ne do due se riesci a dirmi dove non abita”.

Questo è un bambinetto sapiente, generato da un padre e da una madre evidentemente sapienti.

Il linguaggio della sapienza non è una “tecnica”. È piuttosto come l’acqua che quando la fontana è colma trasborda per abbondanza.

E siccome la sapienza è il dono dello Spirito Santo che ci fa trovare Dio in ogni cosa, la dobbiamo invocare per esserne riempiti per noi stessi prima di tutto e poi per i nostri figli.

Don Roberto



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