Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Ci dev’essere un prima e un poi

Fase 1, fase 2, fase 3.

Tre mesi fa iniziavamo il calvario del Coronavirus. Ignari di come sarebbe andata a finire. Da subito abbiamo avuto la sensazione che si trattava di qualcosa che avrebbe cambiato il nostro modo di vivere.

Poi ci siamo illusi che tutto avrebbe dovuto ritornare come prima e si invocava l’avvento della normalità. In questi giorni c’è molta disinvoltura e si continua a temere.

Bisogna stare attenti e responsabili. Ma come saremo dopo?

Si sono dette tante cose sul tempo straordinario del Covid 19 e soprattutto su come saremo dopo. Tanto che ad un certo punto ho smesso di leggere e di ascoltare, un po’ assuefatto dalle parole.

Ma c’è un testo che mi ha molto colpito ed è quello del Vescovo di Pinerolo, Derio Olivero.

Dice: Questo è il tempo per sognare qualcosa di nuovo. Quella prima del Covid era una società fondata sull’individuo. Tutti eravamo ormai persuasi di essere “pensabili a prescindere dalle nostre relazioni”. Tutti eravamo convinti che le relazioni fossero un optional che abbellisce la vita. Una ciliegina sulla torta, un dolcetto a fine pasto. In questo isolamento ci siamo resi conto che le relazioni ci mancano come l’aria. Perché le relazioni sono vitali, non secondarie. Noi siamo le relazioni che costruiamo. Ciò significa riscoprire la “comunità”.

Non mi era mai capitato di sentir bocciare così esplicitamente il tempo pre-Covid come ha fatto il Vescovo di Pinerolo. In effetti è vero: il paradigma dell’individualismo ha contrassegnato lo stile di vita della nostra società ed ora, se il Covid ci ha davvero portati a riscoprire il valore necessario della comunità e delle relazioni, sarà ciò che di più bello avremo guadagnato, malgrado la lancinante sofferenza di aver perso tanti fratelli e amici.

Se invece saremo ancora individualisti allora vorrà dire che avremo inutilmente sprecato una preziosa opportunità.

Prosegue il Vescovo Olivero: Non basta tornare a celebrare per pensare di aver risolto tutto. “Non è una parentesi”. Non dobbiamo tornare alla Chiesa di prima. O iniziamo a cambiare la Chiesa in questi mesi o resterà invariata per i prossimi 20 anni. Per favore ascoltiamo con attenzione ciò che ci sussurra questo tempo e ciò che meravigliosamente ci dice Papa Francesco. Vi ricordate cosa dicevamo fino a fine febbraio? In ogni incontro ci lamentavamo che la gente non viene più a Messa, i bambini del catechismo non vengono più a Messa, i giovani non vengono più a Messa. Vi ricordate? Ed ora pensiamo di risolvere tutto celebrando nuovamente la Messa con il popolo? Io credo all’importanza della Messa. Quando celebro mi “immergo”, ci metto il cuore, rinasco, mi rigenero. So che è “culmine e fonte” della vita del credente.

Per noi credenti la ripresa della celebrazione Eucaristica non è un semplice ritornare a fare quello che stancamente abbiamo sempre fatto. Ci deve essere un prima e un poi. Il prima è rappresentato da una celebrazione abitudinaria, a volte un po’ folkloristica, fatta per ubbidire, senza molte motivazioni, ad un precetto imposto. Il poi è invece rappresentato da una convinzione profonda e personale di quanto l’Eucarestia sia evento vitale per la nostra vita di fede. Una partecipazione non più individualistica e devozionale, ma comunitaria, fraterna, che susciti stupore e gioia.

Come conclude il Vescovo di Pinerolo: Ma in modo netto e chiaro vi dico che non voglio più una Chiesa che si limiti a dire cosa dovete fare, cosa dovete credere e cosa dovete celebrare, dimenticando la cura le relazioni all’interno e all’esterno. Abbiamo bisogno di riscoprire la bellezza delle relazioni all’interno, tra catechisti, animatori, collaboratori e praticanti. Abbiamo bisogno di creare in parrocchia un luogo dove sia bello trovarsi, dove si possa dire: “Qui si respira un clima di comunità, che bello trovarci!”.

Questo, esattamente questo è il sogno con il quale mi accingo a celebrare di nuovo l’Eucarestia per la nostra comunità parrocchiale. Questo è il sogno che ridisegna la nostra cauta ma coraggiosa ripresa eucaristica.

Don  Roberto



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