Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’alfabeto della Parrocchia: G come GIOVANI

Non ci sono più i giovani di una volta, si dice spesso per criticare questa generazione di giovani e di adolescenti. Purtroppo e per fortuna non ci sono più i giovani di una volta, nel senso che ogni generazione, insieme ai suoi aspetti negativi, ha anche dei caratteri e delle potenzialità che la rendono unica.

Certo un tempo era molto più facile descrivere i giovani. Oggi è difficile tracciare un identikit di questa generazione, perché come dice un esperto, oggi più che mai le loro identità sono multiple, plurime, complesse e fortemente dinamiche. Che in parole povere significa che non esistono giovani in generale ma ogni giovane è un mondo a sé.

Prima un giovane, quando finiva gli studi, iniziava a lavorare e questo spesso coincideva con la formazione di una nuova famiglia. Questi erano passaggi chiari e obbligati per tutti.

Oggi si fanno figli molto più tardi (l’età del primo figlio è ben oltre i 30 anni in Italia), spesso fuori dal vincolo del matrimonio e in un contesto di crescente precarietà esistenziale. Le statistiche affermano inoltre che prima dei quarant’anni in media si è cambiato lavoro almeno una decina di volte, a scapito della sicurezza di vita e della prospettiva del futuro.

A vantaggio dei giovani d’oggi c’è senz’altro la libertà che permette loro di costruire identità più flessibili, più complesse e al tempo stesso più aperte alla diversità.

In questo contesto emerge la spaccatura tra giovani intraprendenti e forti da una parte e giovani incerti e fragili dall’altra.

In parrocchia ci si pone sempre la questione dei giovani perché è evidente che essi costituiscono il futuro, anche della chiesa.

Questo è anche stato il tema del recente Sinodo del Papa e dei Vescovi, il cui documento finale mette in evidenza alcuni punti che saranno le linee guida della chiesa per i prossimi anni. Ne segnalo sinteticamente alcuni.

Occorre una chiesa capace di ascoltare i giovani. Papa Francesco ha detto ai giovani: “Vi chiediamo scusa se anziché riempirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie”. L’ascolto dei giovani non è una gentile concessione che facciamo loro, ma è la condizione che permette poi di farci ascoltare anche noi.

I giovani desiderano una Chiesa più autentica e relazionale, impegnata concretamente per la giustizia e il servizio ai più poveri. Bisogna evitare il rischio sul piano pastorale di progettare iniziative per i giovani, anziché con i giovani.

Dice il documento che la comunità cristiana paga oggi una difficoltà nel trasmettere la fede da una generazione all’altra. In questo una grande responsabilità l’hanno gli adulti. Essi, sia in famiglia sia fuori, non sono stati testimoni credibili della bellezza del messaggio evangelico. Per di più il clima di esasperato individualismo, ha portato a perdere la percezione della buona notizia della grazia che ci viene dalla persona di Gesù Cristo.

Deve pertanto emergere con maggiore forza la responsabilità da parte dei credenti di accompagnare i giovani all’incontro personale con Gesù.

Don Roberto

 



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