Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’alfabeto della Parrocchia: E COME ENTUSIASMO

Mi è sempre piaciuta questa parola e più ancora il suo significato. Penso che non esista una parola più “religiosa” di questa. È un termine che deriva dal greco e letteralmente significa “essere in Dio”.

Negli Atti degli Apostoli con questo termine si rappresenta il sentimento di intensa gioia degli apostoli dopo la Pentecoste, il dono dello Spirito Santo.

Entusiasmo è l’incontenibile spinta ad agire e operare dando tutto sé stesso, in forza del dono di Dio dentro di se. In questo senso non è solo un attributo della propria buona volontà, ma è un dono che viene dall’alto e che agisce attraverso di noi. Insomma non si può essere entusiasti solo perché lo si desidera, ma perché si è inondati da un dono.

L’entusiasmo quindi non è un’eccitazione passeggera, un’euforia del momento che scompare come neve al sole, non è un fuoco di paglia. Si tratta di qualcosa di più profondo, di più grande, di radicato e radicale. È una vera e propria passione che non ci fa stare fermi e passivi.

Gesù nel vangelo afferma: «la passione per la tua casa mi consuma». Gesù è il grande entusiasta perché Lui è in Dio e Dio è in Lui.

Dobbiamo riconoscere che quando ci manca entusiasmo, in ogni ambito della vita, rischiamo di essere trascinati passivamente da una routine piatta e rischiamo di morire dentro, di lasciar spegnere il fuoco.

Francesco Alberoni scriveva: “L’entusiasta è un infaticabile sognatore, un inventore di progetti, un creatore di strategie, che contagia gli altri con i suoi sogni. Non è cieco, non è incosciente. Sa che ci sono difficoltà, ostacoli talvolta insolubili. Sa che su dieci iniziative nove falliscono. Ma non si abbatte. Ricomincia da capo, si rinnova. La sua mente è fertile. Cerca continuamente strade, sentieri alternativi. E un creatore di possibilità”.

Alcune settimane fa  ho ascoltato alla radio una storia di entusiasmo, la storia di nonno Felicino. Ha compiuto 94 anni ed ha deciso di iscriversi alla terza media perché, racconta, che quando era ragazzo suo padre l’ha costretto ad interrompere la scuola per andare a lavorare. Così oggi, ogni giorno, con il suo zainetto in spalla, esce da casa, accompagnato dalla nipote settantenne e raggiunge la scuola e si siede tra i banchi. Dice che il suo obiettivo è di imparare cose nuove. Quanta voglia di futuro in nonno Felicino. Me lo immagino mentre fa domande di matematica o di geografia alla maestra. Oppure mentre all’intervallo si sgranocchia la merendina. Se sarò promosso, dice, voglio iscrivermi alle superiori. Questa è la speranza di chi pianta ulivi a novant’anni. Questo è l’entusiasmo che vorrei, per me e per i miei parrocchiani.

Se siamo cristiani senza entusiasmo siamo morti e perciò non facciamo nascere il desiderio di seguirci. La vita della parrocchia si sorregge sulle persone entusiaste, che testimoniano la passione, la motivazione e la dedizione in ogni stagione, quando è bello e anche quando è brutto. La vita comunitaria ha molto bisogno di un reciproco contagio di entusiasmo. Si può alimentare l’entusiasmo? Penso proprio che è come tenere acceso il fuoco. Bisogna “far la legna” e alimentare costantemente la fiamma.

Don Roberto

 



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