Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Le parole della Quaresima: Morire

Se il chicco di grano non muore… Avvicinandoci alla Pasqua siamo accompagnati nel cuore del mistero di Gesù: il suo totale annientamento. L’immagine del chicco, che Gesù usa per rappresentare il suo mistero, ci comunica la prodigiosa vitalità del morire per amore. Gesù è il seme di vita sepolto nella terra.

Gesù è un esperto di morte e all’ora della morte si prepara con molteplici esercizi di morte, che si chiamano servizio, dono, apertura, accoglienza, perdono… Per Gesù amare significa servire e servire è scomparire nella vita degli altri: morire per vivere.

Questa è la soglia vertiginosa del Vangelo: Gesù vince perdendo, moltiplica la vita morendo. La gloria di Cristo sta proprio nel momento più basso del suo annientamento sulla croce, la sua morte. È morendo che si vive davvero, come dice nella sua preghiera san Francesco.

Di fronte alla croce e alla morte del Crocifisso ci sentiamo nello stesso tempo affascinati e disorientati. Afferma padre Ermes Ronchi: “Sentiamo che nella Croce c’è attrazione, e seduzione e bellezza e vita. La suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per morire d’amore. La nostra fede poggia sulla cosa più bella del mondo: un atto d’amore. Bello è chi ama, bellissimo chi ama fino all’estremo. La mia fede poggia su di un atto d’amore perfetto. E Pasqua mi assicura che un amore così non può andare deluso”.

Se uno mi vuole seguire… Gesù ci invita a cogliere nella sua Parola la sfida promettente: se moriamo con Lui nell’amore, saremo con Lui nella gloria. Gesù ci chiede di seguirlo perché Lui sa che oltre la morte c’è una meta ben precisa: il frutto di una vita piena, come la primavera dopo la stagione fredda e buia dell’inverno.

Ma a cosa dobbiamo morire? Quali sono gli esercizi di morte ai quali siamo chiamati per giungere pronti nell’ora della nostra morte?

Dobbiamo morire all’egoismo di chi ama la propria vita ma poi la perde. Ai calcoli e alla prudenza che ci frenano nel lasciarci abbandonare sotto terra come il seme. Alla paura di perderci. Dobbiamo morire ai residui della nostra mentalità borghese, come più volte il Papa sottolinea, per aprirci con fiducia al prossimo. Dobbiamo morire alla pigrizia che ci fa buttar via il tempo libero in cose inutili, ai pregiudizi che ci impediscono di conoscere e di accogliere gli altri nella verità. Dobbiamo, in una parola, morire a noi stessi.

Vogliamo vedere Gesù. Chiedono alcuni greci. Gesù risponderà non ‘come’ vederlo ma ‘dove’ incontrarlo. Vuoi ‘vedere Gesù’? Comincia ad amare e lo incontrerai, perché Dio viene santificato e riconosciuto quando nell’amore, moriamo per i fratelli.

Quando invece, illudendoci di dare più vita alla vita, infanghiamo il nome degli uomini e disprezziamo la loro dignità il nome di Dio viene offeso perché l’unica bestemmia conosciuta nel cristianesimo è offendere l’uomo.

Don Roberto

 



in I tempi forti dell'anno liturgico, Storie di fede e Riflessioni