Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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La solennità del Corpus Domini “Non ci posso credere”

Ma dai, sinceramente, come fai a pensare che in un po’ di pane e in un sorso di vino sia presente il Signore? Non ci posso credere!

Eppure ha fatto tutto il percorso del catechismo e il gruppo con gli adolescenti. Per alcuni anni aveva anche accompagnato i bambini del catechismo e si impegnava davvero all’oratorio appena c’era bisogno di una mano.

Quella sera al telefono, durante la pandemia, appena prima di Pasqua, Marta, figlia di un mio carissimo amico d’infanzia, mi dice con aria di sufficienza e con il tono di chi finalmente si è liberato di una pesante zavorra: non ci posso credere! Alcuni mesi prima durante una cena Marta, 22 anni, aveva fatto scivolare il discorso sull’Eucarestia, come risposta alle rassegnate parole dei suoi genitori. Io credo in Dio, diceva, e mi impegno anche molto per aiutare chi ha bisogno. Ma non chiedermi di andare a Messa, non riesco ad incontrare il Signore in un rito freddo, sempre uguale e rigido. E poi non so cogliere la gioia di un’assemblea riunita passivamente, che non canta, non sorride, non si saluta.

Sfido chiunque a non sottoscrivere i pensieri di Marta. Sfido chiunque a non ammettere le ragioni di Marta che ritroviamo ogni volta che, soprattutto con i giovani, ci confrontiamo sull’Eucarestia.

La disaffezione dei cristiani per la Messa è quanto meno imbarazzante.

Dato lo spazio esiguo di questa paginetta mi limito a riassumere in tre punti cosa più o meno ho cercato di comunicare a Marta.

Il primo riguarda la consapevolezza. La Messa è la Cena del Signore: il suo senso non viene da ciò che percepisco io, ma dall’intenzione che ha voluto mettere Gesù in quel Gesto. Questo significa che io non celebro quotidianamente l’Eucarestia perché ho capito tutto, perché non ho dubbi, perché conosco a menadito il meccanismo per cui Gesù è presente nel pane e nel vino, perché sono trasportato ogni volta dall’entusiasmo. Io celebro quotidianamente l’Eucarestia perché è la Sua cena, la cena nella quale il Signore ha voluto mettere la memoria della sua presenza ed io cerco per questo di ubbidire non alle mie percezioni, ma alla Sua intenzione.

In secondo luogo vorrei dire che la Messa non è una “cosa”, ma un passaggio.

Il Signore passa e l’Eucarestia non va solo guardata, ma anche adorata. Le coordinate fondamentali per cogliere il passaggio del Signore vengono messe a fuoco nella volontà personale e comunitaria di affrontare l’approfondimento catechistico grazie al quale si riesce a gustare le dimensioni della Messa: ascoltare, offrire, ringraziare, comunicare…

Infine possiamo ricordare il passo del capitolo 11 della lettera ai Corinzi, in cui Paolo ricorda l’istituzione dell’Eucaristia e il senso della celebrazione dell’Eucaristia nella comunità cristiana. Lo fa perché deve mettere ordine in una specie di celebrazione dell’Eucaristia diventata una banalizzazione della Eucaristia. Infatti, i cristiani di Corinto si ritrovavano nelle case per la cena del Signore, ma ognuno mangiava la propria cena, mantenendo le divisioni, anzi esasperandole perché chi aveva tanto mangiava tanto, e chi non aveva nulla non mangiava nulla.

Quando la Messa è banalizzata e privatizzata, vengono mantenute le divisioni e non può prodursi la gioia della comunione.

Don Roberto

 



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