Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’alfabeto della Parrocchia 3: V come VECCHIAIA

La vecchiaia arriva sempre molto presto, più di quanto ci si possa immaginare o attendere. Cicerone affermava che la vecchiaia insegue già alle spalle i fanciulli, gli adolescenti e ti raggiunge quando nemmeno ci pensi.

Entrare nella cosiddetta terza età è senz’altro un segno di grande benedizione, anche se non mancano di certo motivi di tristezza e di affanno. Invecchiare è l’esperienza umana più comune e riguarda perciò ogni essere umano.

Dice Henri Nouwen, uno dei più noti autori spirituali del secolo scorso, che invecchiare non è motivo di disperazione, ma fondamento di speranza, non è un lento decadimento, ma una maturazione graduale, non è un destino da subire, ma una possibilità da accogliere. In queste parole troviamo il disegno ideale di come dovrebbe essere. L’ascolto poi di molti anziani ci dice che invecchiare non è sempre una cosa semplice e pacifica, molti infatti, forse la maggior parte, guarda al sopraggiungere della vecchiaia con dolore e ribellione.

Ma c’è una modo per invecchiare bene, con serenità e fiducia?

C’è una bellissima preghiera nella Bibbia, il Salmo 91, che contiene queste sorprendenti parole: i giusti fioriranno come palme, piantati nella casa del Signore fioriranno negli atri del nostro Dio: nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunciare quanto è retto il Signore: mia roccia, in lui non c’è ingiustizia.

La vecchiaia, per le donne e gli uomini giusti, è una stagione nella quale dare ancora frutti. Quali sono i frutti che una persona anziana può produrre?

Passeggiando nel vasto giardino della terza età io ho potuto contemplare e cogliere tanti frutti.

Prima di tutto il frutto della sapienza della vita: quando non si è acidi e non si è ammuffiti già durante la giovinezza e l’età adulta, allora anche la vecchiaia diventa bella, come la ricompensa di una  bella la vita.

Il secondo frutto è la serenità di ritornare bambini. Mi ricordo una bellissima battuta di mons. Gaddi che diventando vecchio ci disse: mi sento rimbambito e a noi scandalizzati da questo termine ci spiegò che questa parola significa “diventare bambini”, cioè riconoscere di aver bisogno dell’amorevolezza di tutti.

Un terzo frutto è la forza della testimonianza della fede. Un anziano che ha fede ci ricorda che ha ben chiaro l’orizzonte verso cui stiamo andando, la destinazione ultima della nostra esistenza. Infine il frutto del coraggio di fronte alla sofferenza: bisogna avere molta pazienza quando declinano le forze o ci si ammala. Eppure, continuare ad amare la vita, senza ribellione, malgrado tutto, è il segno che si può essere giovani anche a novant’anni.

Don Roberto

 



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