Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

il sito web della comunità parrocchiale San Giuseppe di Dalmine

L’alfabeto della Parrocchia 2: S come SUPERSTIZIONE

Il vocabolario dice che per superstizione si intende l’insieme di credenze o di pratiche rituali dettate da ignoranza, frutto di errore, di convinzioni sorpassate, di atteggiamenti irrazionali.

Il canto della civetta, il gatto nero che attraversa la strada, lo specchio rotto, il passare sotto una scala, lo spargere sale, aprire l’ombrello il casa, prendere l’aereo il 13 o il 17… Ogni cosa, essere o evento, per l’irrazionale della nostra mente, può portare fortuna o sfortuna, può avere effetti positivi o negativi.

Le superstizioni affondano le radici nell’irrazionale. Con l’avvento della scienza e della tecnica avrebbero dovuto scomparire. Invece continuano ad accompagnare i pensieri e le scelte di molte persone.

Afferma lo studioso Silvestrini: “Non è affatto sorprendente constatare che la superstizione e la nascita della spiritualità si siano sviluppate di pari passo. Nel corso della storia, ciò che per una persona era superstizione, spesso per un’altra era religione. L’imperatore cristiano Costantino considerava superstizione il paganesimo, mentre lo statista pagano Tacito definiva il cristianesimo una credenza pericolosa e irrazionale. I protestanti consideravano superstiziosa la venerazione dei santi e delle reliquie da parte dei cattolici, mentre i cristiani giudicavano allo stesso modo i riti indù. Per un ateo, tutte le convinzioni religiose sono superstizione”.

Il catechismo della chiesa cattolica afferma: “La superstizione è una deviazione del culto che rendiamo al vero Dio. Ha la sua massima espressione nell’idolatria, come nelle varie forme di divinazione e di magia”.

La superstizione attecchisce dove scarseggiano la fede e l’istruzione religiosa. Essa è una reazione sbagliata alla precarietà della vita, alle sofferenze, alle ansie e alle paure. È inconciliabile con la fede autentica che invece suscita la fiducia nella volontà di Dio, senza cercare risposte automatiche.

Come cristiani siamo tuttavia esortati dal catechismo a promuovere l’uso ragionevole e responsabile delle capacità umane. Da questo punto di vista, prosegue il catechismo, è indice di superstizione, e non di fede, attribuire un potere intrinseco contro i malefici e contro influssi diabolici, a candele, incenso, sale o acqua benedetta. Insomma anche i riti cristiani, se vissuti senza un’autentica fede nel Signore, possono rivelarsi gesti superstiziosi.

Nell’attuale situazione culturale, nella quale molti si allontanano dalla fede e cadono nell’irrazionale, è facile incontrare, anche tra cristiani, chi si affida all’oroscopo, alla cartomanzia, a talismani, a porta fortuna, alle pratiche di magia.

Per vincere la superstizione, il catechismo suggerisce due indicazioni importanti. Innanzitutto la retta interpretazione della benedizione cristiana: la preghiera sincera con la quale invochiamo il Signore ed il suo aiuto affinché, in ogni situazione della vita, aumenti la nostra fede.

In secondo luogo viene proposto il ministero della consolazione: il soccorso da prestare all’uomo che vive in una società malata di ansia e di paura, alienata e triste. Un ministero che sappia combattere non primariamente il demonio e l’occulto, ma la solitudine e la disperazione che spingono molti a ricorrere ai maghi per ricevere almeno un conforto, anche se, in realtà, così facendo il problema si aggrava. La consolazione è davvero una medicina necessaria per guarire le cause del ricorso alla superstizione e alla magia.

Don Roberto

 



in Storie di fede e Riflessioni