Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’alfabeto della Parrocchia 2: Q come QUOTIDIANO

Quotidiano è un aggettivo che si riferisce a qualcosa che avviene ogni giorno, come un giornale che ogni giorno troviamo in edicola, come il lavoro, il mangiare, il dormire…

Quotidiano è qualcosa che ci è necessario per vivere. Nel Vangelo, quando Gesù insegna ai suoi discepoli a pregare, c’è l’invocazione “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, che indica appunto che il pane è indispensabile per il nostro sostentamento. Nella preghiera il pane “quotidiano” diventa simbolo di tutto ciò che ci è necessario: il cibo, certo, ma anche l’amore e anche le condizioni per una vita felice.

Così prega questo versetto del Vangelo Ernesto Olivero, fondatore del Sermig: “Dammi oggi, il pane quotidiano… Il pane della speranza, per dare speranza. Il pane della gioia, da poter spartire. Il pane dell’intelligenza, per varcare l’impossibile. Il pane del sorriso, da trasmettere agli altri. Il pane della misericordia, perché possa ricevere e dare perdono. Il pane del dolore, da condividere. Il pane della grazia, per non attaccarmi al male. Il pane della fraternità, per diventare una cosa sola con i miei fratelli. Il pane del tempo, per conoscerti. Il pane del silenzio, per amarti”.

Pregare per il pane di tutti i giorni presuppone che noi riconosciamo che esso è un dono, oltre che il frutto della nostra fatica quotidiana.

Quando il popolo d’Israele camminava nel deserto il Signore fa piovere dal cielo la manna e dice per bocca di Mosè: “Ecco, io farò piovere per voi del pane dal cielo; e il popolo uscirà e raccoglierà ogni giorno la provvista del giorno”. Così il Signore educa il suo popolo ad avere fiducia nella sua Provvidenza giorno per giorno, quotidianamente.

Il pane quotidiano è perciò il simbolo della protezione del Signore che non fa mancare il necessario. Per questo Gesù sceglie il pane come Segno eucaristico della sua quotidiana presenza. C’è un bellissimo racconto che ci aiuta a capire il valore del pane quotidiano dell’amore.

Si racconta di una anziana contadina, di nome Giulia, che viveva in una fattoria con i suoi tre figli, Roberto, Michele e Francesco. Il marito le era morto durante la guerra. I tre figli, di cuore buono, erano però sempre pronti a litigare. Si volevano bene ma, bastava una parola in più ed erano litigi senza fine. A quel punto interveniva Mamma Giulia e ben presto i figli ritrovavano pace. La mamma divento vecchia, allora i figli si preoccuparono: “Mamma, cerca di star sempre bene e di non morire, perché quando litighiamo chi rimetterà la pace fra noi?”. “Ma io dovrò pur morire prima o poi”, rispose la mamma. “Allora, chiesero i figli inventa qualcosa perché quando tu non ci sarai più noi potremo rifare pace e volerci bene”. Mamma Giulia pensò a lungo alla cosa e un giorno prese un foglio, vi scrisse come dovevano essere divisi i campi fra i tre figli e aggiunse alcune raccomandazioni perché andassero sempre d’accordo. La mamma un giorno si ammalò gravemente e dal suo letto chiamò i figli, consegnò loro il suo testamento, poi prese un pane, ne fece tre parti, ne diede una a ciascuno e raccomandò: “Mangiate e cercate di volervi bene”. I figli, commossi, mangiarono il pane della mamma, bagnandolo con le loro lacrime. Di lì a pochi giorni Giulia morì. Roberto, Michele e Francesco si divisero serenamente i campi e ognuno si mise a lavorare il suo. Ma un giorno Roberto e Michele scoprirono che il confine fra i loro campi non era chiaro. Ben presto si misero a litigare. Stavano per fare a botte, quando arrivò Francesco. Egli si mise in mezzo a loro: “Non ricordate la mamma? Perché non facciamo come quel giorno che ci ha chiamati al suo capezzale?”. Presero un pane, ne fecero tre parti, ne presero una per ciascuno e si misero a mangiare. Mentre mangiavano nella mente di Roberto e Michele si riaccese l’immagine della mamma; il suo volto e le sue parole scendevano nel loro cuore come una medicina. Scoppiarono in un pianto dirotto e fecero pace. La pace non durava molto, perché occasioni di litigio ne incontravano spesso. Però avevano imparato la soluzione: ogni volta che si creava un’occasione per litigare, i tre fratelli si sedevano attorno ad un tavolo, prendevano un pane, lo mangiavano insieme; ben presto scompariva la rabbia e tornava la pace.

C’è quindi anche da riconoscere come l’invocazione del pane quotidiano sia una preghiera che noi possiamo rivolgere al Signore solo nella misura in cui ci preoccupiamo dei fratelli a cui manca il pane necessario. Dice papa Francesco: “L’Eucarestia, sorgente di amore per la vita della Chiesa, è scuola di carità e di solidarietà. Chi si nutre del pane quotidiano di Cristo non può restare indifferente dinanzi a quanti non hanno pane quotidiano”. Non dire “Dacci oggi il nostro pane quotidiano se non ti preoccupi della gente che ha fame.

Don Roberto



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