Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’alfabeto della Parrocchia 2: O come OMISSIONE

Ho pensato spesso che il più pericoloso attentato che si possa fare all’anima è il peccato di omissione, perché il contrario dell’amore non è l’odio ma l’indifferenza”. (Renzo Zambotti)

Nell’atto penitenziale della Messa normalmente preghiamo il Confesso: …che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni.

Il peccato di omissione è definito come il non adempimento di un precetto quando, per volontaria negligenza o pigrizia, non si compie ciò che si è chiamati a compiere. È il bene che, pur essendo nelle mie possibilità di fare, tralascio di compiere.

Il testo evangelico forse più significativo è il capitolo 25 di Matteo, il brano del Giudizio universale, nel quale si mette in evidenza che i peccati di omissione sono i capi di accusa contro chi è passato oltre, per chi, pur potendo non ha dato da bere, da mangiare, da vestire, non ha visitato, non ha accolto…

A ben pensarci i peccati di omissione sono tantissimi, sono forse più dei peccati in pensieri, parole e opere. Perché di fatto noi in ogni momento potremmo fare del bene.

Spesso le nostre omissioni sono condizionate dalla paura o dall’indifferenza.

Il peccato di omissione è dire: non mi riguarda, non è affar mio. È girarsi dall’altra parte quando il fratello ha bisogno, ma è anche sdegnarsi di fronte al male senza fare nulla.

Dice papa Francesco: questa è la vera fortezza del cristiano: non pugni chiusi e braccia conserte, ma mani operose e tese verso i poveri, verso la carne ferita del Signore, perché nei poveri si manifesta la presenza di Gesù.

Un altro testo del vangelo che ci provoca su questo tema è senza dubbio la parabola del buon samaritano e precisamente l’atteggiamento del sacerdote e del levita che vedono il bisogno del malcapitato e passano oltre.

Spesso ci accontentiamo dell’idea di non aver fatto nulla di male, presumendo per questo di essere buoni e giusti. Ma non fare nulla di male non basta per il cristiano.

Avete presente le famose tre scimmiette con le mani sugli occhi, sulle orecchie, sulla bocca: non vedo, non sento, non parlo. Ecco queste tre scimmiette rappresentano bene il peccato di omissione: la nostra distrazione, la nostra vigliaccheria, la nostra voglia di quieto vivere che ci fa voltare la testa dall’altra parte, chiudere gli occhi, ignorare.

Diceva Pascal: “Sono convinto che il nostro più grande peccato è quello di omissione: bene non fatto, responsabilità non vissute, gesti buoni e doverosi non compiuti, impegni disattesi”.

A noi cristiani dunque, in nome dell’amore per il Vangelo e per l’umanità, non è mai consentito voltarci dall’altra parte, far finta di niente, o dire: che ci pensi qualcun altro. Men che meno ci è consentito essere indifferenti o distratti.

Abbiamo invece il dovere di essere responsabili, di farci carico dei nostri fratelli e del bene comune. Anche nel nostro piccolo. Non abbiamo la presunzione di risolvere i problemi di tutti e di tutto il mondo. Ma nella nostra piccola vita abbiamo il dovere di fare il bene che dipende da noi e magari solo da noi. Perché nessuno può fare al posto nostro ciò che noi siamo chiamati a fare.

Alla fine della nostra vita infatti noi saremo chiamati a rispondere non solo di quello che facciamo ma anche e soprattutto di ciò che avremmo potuto fare e abbiamo omesso.

Don Roberto

 



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