Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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L’alfabeto della Parrocchia: O come OMELIA

Un mio professore di teologia diceva che una delle prove della divinità del Vangelo è data dalle prediche alle quali è sopravvissuto. E il mio vecchio parroco quando sono diventato prete mi diceva: “Ricordati sempre che una buona omelia deve avere un’introduzione accattivante e una conclusione sensata. E l’introduzione e la conclusione devono essere vicinissime”.

L’omelia è da un lato il momento più atteso dai fedeli e dall’altro è il compito più pesante per il sacerdote. Paolo VI diceva che i fedeli si attendono molto dalla predicazione, e ne ricavano frutto purché essa sia semplice, chiara, diretta, adatta.

Anche Papa Francesco ha dedicato un intero capitolo dell’Esortazione Apostolica Evangeli Gaudium sull’omelia mettendo soprattutto in evidenza la necessità del predicatore di prepararsi e di rendere l’omelia un momento di crescita spirituale. Dice Papa Francesco: Molti sono i reclami in relazione a questo importante ministero e non possiamo chiudere le orecchie. L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un Pastore con il suo popolo. Di fatto, sappiamo che i fedeli le danno molta importanza; ed essi, come gli stessi ministri ordinati, molte volte soffrono, gli uni ad ascoltare e gli altri a predicare. È triste che sia così. L’omelia può essere realmente un’intensa e felice esperienza dello Spirito, un confortante incontro con la Parola, una fonte costante di rinnovamento e di crescita.

L`omelia è necessaria per alimentare la vita cristiana, sia del pastore che predica, sia dei fedeli che ascoltano.

Con l`omelia il sacerdote annuncia, spiega e loda il mistero cristiano che si celebra, perché i fedeli lo accolgano intimamente nella loro vita, e a loro volta si dispongano a testimoniarlo nel mondo.

Devo confessare che predicare è davvero un impegno gravoso. Un conto è predicare agli adulti e un conto ai ragazzi e ai giovani. Devo sempre considerare tanti aspetti: la Sacra Scrittura che è la fonte per eccellenza, la dimensione catechistica, cioè la spiegazione, la vita morale, la spiritualità, l’anno liturgico e gli eventi che si celebrano… e tutto poterlo racchiudere in pochi minuti. A volte questo si riesce a farlo in modo fluido e sintetico, altre volte diventa davvero faticoso. Un conto è predicare in un funerale e un conto in un momento di festa.

Il frutto dell’omelia è di condurre l’assemblea a fare la professione di fede. Questo si realizza quando si riesce realmente a mettere in dialogo la parola del Signore con la vita concreta di chi ascolta. Alla fine di una predica non ci si dovrebbe domandare se mi è piaciuta o no, ma se mi apre o meno a rinnovare la fede nel Signore. Se dunque al prete è richiesto lo sforzo di prepararsi e di comunicare in modo adeguato, ai fedeli è richiesta la pazienza di ascoltare e di scorgere un raggio di luce, perdonando le inadeguatezze e i limiti di chi predica.

Un ultimo pensiero sul significato delle parole: se “predica” indica qualcosa di moralistico, di paternalistico, un discorso da subire passivamente, il termine “omelia” è bellissimo perché letteralmente significa “adunarsi e conversare”. L’omelia è la conversazione di Dio con i suoi figli.

Don Roberto

 



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