Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

il sito web della comunità parrocchiale San Giuseppe di Dalmine

L’alfabeto della Parrocchia: M come MUSICA

Nel contesto celebrativo uno degli elementi altamente rivelativi dell’identità comunitaria è sicuramente la musica e il canto. L’animazione musicale può costituire la “carta d’identità pastorale” di una comunità. Qualcuno suggeriva il motto: dimmi come canti e ti dirò che comunità sei.  Giovanni Paolo Il in documento ha messo in risalto tale valenza del canto popolare religioso, ritenendolo “particolarmente adatto alla partecipazione dei fedeli non solo alle pratiche devozionali, secondo le norme e le disposizioni delle rubriche, ma anche alla stessa liturgia perché il canto popolare costituisce un vincolo di unità e un’espressione gioiosa della comunità orante, promuove lo proclamazione dell’unica fede e dona alle grandi assemblee liturgiche una incomparabile e raccolta solennità”.

La musica sacra e il canto sono a servizio dell’assemblea che celebra: se l’animazione del canto non è “assembleare”, non è nemmeno “liturgica”.

Nella nostra parrocchia molte sono le persone che si prodigano con impegno e competenza per dare qualità all’animazione del canto e della musica: abbiamo la Corale femminile san Giuseppe per le celebrazioni delle solennità dell’anno liturgico, il coro che ogni domenica sostiene, con vari strumenti, i canti della messa delle 10, gli organisti per ogni celebrazione del sabato e della domenica, mentre per le messe feriali alcune persone incaricate intonano regolarmente i canti.

Evidenzio due questioni che mi sembrano importanti fra le tante.

Innanzitutto la domanda: cosa si deve cantare a Messa? Partendo dal presupposto che il canto e la musica non sono realtà aggiuntive alla celebrazione ma ne sono parte integrante, occorre comprendere che ci sono canti che nella messa non possono mancare e canti che sono opzionali. Non possono mancare, o sarebbe meglio che non mancassero, i canti relativi alle parti della messa: il Kirye, l’Alleluia, il Santo e l’Agnello di Dio. Negli altri momenti (inizio, offertorio, Comunione e fine) il canto può anche non esserci: potrebbe esserci la musica o il silenzio. Questo, soprattutto nelle celebrazioni feriali, dove si registra l’esiguità del numero dei partecipanti, permette di celebrare ugualmente con dignità e raccoglimento.

La seconda questione è legata al fatto che le nostre assemblee tendono a cantare poco. Cantare nella celebrazione è segno della dimensione comunitaria, dell’unità del popolo che celebra.

C’è una bella espressione di J. Gelineau che da un lato ci esorta alla ricerca di una sempre più qualificata educazione al canto assembleare e dall’altro ci rassicura sul valore del canto comunitario, pur con tutti i suoi limiti: Un prato coperto di fiori è bello, anche se molti di quei fiori sono ancora in boccio o già appassiti… Così è del canto di una navata. Il suo pregio consiste più nell’unanimità e nel fervore che nella bellezza delle voci considerate singolarmente. Queste leggere mancanze di rigore non alternano la bellezza del canto della folla più di quanto la asimmetria o la difformità dei fiori quella del prato.

D’altronde cantare, diceva sant’Agostino, è proprio di chi ama. E chi canta prega due volte.

Don Roberto

 



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