Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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IL DECIMO COMANDAMENTO: «Non desidererai la roba del tuo prossimo»

Il decimo comandamento ha la stessa radice del nono: “Non desidererai” e proibisce la cupidigia dei beni altrui, che è la radice del furto, della rapina e della frode, vietati dal settimo comandamento.

Nella Bibbia si racconta che Nabot era il proprietario di un vigna, e quella vigna era tutto ciò che egli possedeva.  Acab, il re di Samaria, desiderava ottenerla per averla come un orto. Nabot si rifiutò di venderla al re. Il perfido Acab farà di tutto per avere quella vigna fino a complottare per far lapidare Nabot.

Da sempre l’uomo non si fa scrupolo di impossessarsi di tutto ciò che la propria ingordigia gli indica, anche a costo di mentire e di fare male agli altri.

La vigna di Nabot può essere considerata il simbolo della “roba” che appartiene al prossimo e che è oggetto del desiderio di altri.

Il decimo comandamento ha a che fare con i desideri dei sensi, che portano l’uomo a desiderare le cose piacevoli che non ha. Tali desideri, in se stessi, sono buoni; ma spesso non restano nei limiti della ragione, e spingono l’uomo a bramare ingiustamente ciò che non gli spetta e appartiene, o ciò che è dovuto ad altri.

Quando l’uomo diventa invidioso e avido finisce per alimentare il desiderio di appropriarsi senza misura dei beni altrui e si spinge a commettere anche gravi ingiustizie fino a danneggiare il prossimo.

In termini positivi potremmo dire che questo comandamento ci educa per arrivare ad affermare: io sono grato per quello che ho.

Molte persone si dichiarano insoddisfatte di quello che hanno e non riescono a godere, con animo grato a Dio, di quello che possiedono, ma aspirano sempre a ciò che hanno gli altri. Questo atteggiamento le porta a descriversi solo a partire da ciò che vorrebbero ma che non hanno e non riescono ad avere. Pensiamo a ciò che avviene normalmente tra i ragazzi: chi non veste secondo la moda, con abiti di un certo tipo, viene escluso dai compagni. Oppure pensiamo alla trappola micidiale, nella quale spesso cadiamo in ogni nostro ambiente, di valutare gli altri esclusivamente a partire dalle cose che possiedono.

Questo comandamento ci sprona ad essere grati a Dio per ciò che siamo e per ciò che abbiamo. Chi è sempre invidioso dell’altro non arriverà mai alla pace con gli altri e con se stesso. La gelosia e l’invidia per quello che hanno gli altri rendono l’uomo sempre più inquieto.

Potremmo dire che questo è il comandamento della libertà: essere liberi dal volere quello che hanno gli altri, per godere e gioire di quello che abbiamo noi! L’invidia è un sentimento bruttissimo, che ci rende cattivi, ci fa essere tristi e se non impariamo a liberarci di questa tentazione, è come un mostro feroce che cresce dentro di noi. Ogni volta che invidiamo qualcuno per quello che è o per quello che ha, purtroppo ci buttiamo in un abisso di infelicità, perché per quanti sforzi facciamo, non arriveremo mai a essere o possedere tutto quello che invidiamo… è una fatica infinita che cresce ogni volta che non siamo capaci di fermarci in tempo!

Impariamo allora a vivere nella pace e ad essere grati per quello che abbiamo, senza rinchiuderci nel circolo vizioso dei confronti.

Don Roberto



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