Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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IL NONO COMANDAMENTO: «Non desidererai la moglie del tuo prossimo»

Il nono e il decimo comandamento sono da ascoltare come se fossero uno. Ad avvicinarli è la stessa radice: “Non desidererai”.

Il significato potrebbe essere scoperto in questo riassunto: dopo aver esortato l‘uomo a non prendersi gioco dei propri fratelli e ad essere sincero nei loro confronti, Dio, con gli ultimi due comandamenti, esorta l‘uomo a rispettare i legami tra le persone, a mettere le briglie all’egoismo e al desiderio di possesso che potrebbero spingerlo a infrangere relazioni consolidate.

Il cuore delle persone è spesso tentato di “distrarsi” un attimo per volgere lo sguardo verso possibili “occasioni straordinarie”.

La storia insegna che fin dall’antichità gli uomini non si sono fatti scrupolo di “conquistare” le persone per cui “perdevano la testa”. Anche se erano sposate. Anche a costo di attentare alla vita del partner legittimo.

Nella Bibbia, nel secondo Libro dei Re, troviamo un racconto esemplificativo: la storia di Davide, che per conquistare la bella Betsabea non esito a mandare a morte il marito di lei, Uria l’Ittita. Ancora oggi il mondo va avanti cosi. Le cronache rosa pullulano di vip che non esitano a divorziare, a tradire, ad accompagnarsi a partner diversi scelti in base all’apparenza…

Tutto parte dagli occhi e dal desiderio.

Questo comandamento non condanna ciò che spesso accade, di essere infatuati dopo aver visto una bella donna o un bell’uomo. Si condanna invece uno sguardo che porta all’alimentazione del desiderio e quindi a quella macchinazione che conduce a mettere in atto un’azione peccaminosa.

C ‘è chi usa gli occhi per vedere e chi… per arraffare. Non è facile mettere un freno agli occhi.

Soprattutto Gesù, nel Discorso della Montagna, esprime la necessità di avere uno sguardo puro, libero dalla concupiscenza e dal desiderio di adulterio. Dice Gesù: «Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Il catechismo insegna che la concupiscenza ingenera disordine nelle facoltà morali dell’uomo e, senza essere in se stessa una colpa, inclina l‘uomo a commettere il peccato.

Per giungere alla “purezza di cuore” occorre educarsi alla virtù della castità che permette di amare con un cuore retto e indiviso ed educarsi alla disciplina dei sentimenti e dell‘immaginazione.

Per questo tutto il percorso dei Comandamenti e tutta la forza di conversione del Vangelo non avrebbero nessuna utilità né alcun senso se non arrivassero al cuore dell’uomo, centro vitale della fede che spesso noi per convenienza ricopriamo con tante maschere farisaiche.

Don Roberto

 



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