Parrocchia e Oratorio San Giuseppe, Dalmine (BG)

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Le virtù cardinali: la temperanza

Temperare è una parola che ha diversi significati. Anticamente i romani usavano “temperare” il vino con l’acqua per renderlo meno forte. Temperare significa mescolare nelle giuste proporzioni. Temperare nel linguaggio gastronomico significa correggere qualche cosa col mescolarvene un’altra contraria per attenuare o addolcire ciò che vi è in essa d’eccessivo.

Più genericamente significa, attenuare, mitigare, moderare, frenare. Ma temperare significa anche dare la tempra, come con l’acciaio o con il vetro.

Nel linguaggio del catechismo la temperanza è la virtù che mira a disciplinare gli istinti, stabilendo una regola che serva a dominarli.

A questo punto nasce facilmente la domanda: ma perché non posso seguire gli impulsi della natura umana? Che male c’è?

Di fatto gli istinti sono quelle forze che mi spingono verso un certo oggetto per trovare soddisfazione. Se ho fame mangio, se ho sete bevo, se avverto l’istinto sessuale lo soddisfo…

Il piacere si realizza quando un istinto viene soddisfatto. Questa dinamica è ciò che ci rende simili agli animali.

Ma tra l’uomo e l’animale c’è, almeno si spera, una radicale differenza: mentre nell’animale il passaggio dall’istinto alla soddisfazione è meccanico, automatico, nell’uomo tra l’istinto e la sua soddisfazione si pone la ragione. Mentre l’animale è schiavo degli istinti, l’uomo è chiamato ad esserne padrone. Diventare uomo significa proprio essere padroni di se stessi.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “La virtù della Temperanza è la virtù morale che modera l’attrazione dei piaceri e ci assicura il dominio della volontà sugli istinti”.

Noi siamo come i bolidi della Formula Uno. Occorre che pilotiamo bene il motore potentissimo della nostra macchina, tenendo ben saldo il volante e controllando la potenza che abbiamo.

Se l’uomo non diventa padrone di se stesso, se non sa dire di no al momento giusto, se non è attento a non esagerare, se non è moderatamente disciplinato, allora è più simile all’animale e gli esiti possono essere catastrofici.

L’uomo temperante è colui che sa dominare l’avidità, cioè la brama di possedere sempre di più, sa dominare la voracità nel mangiare e dell’ingerire tutto senza criterio, sa dominare la ricerca del piacere sessuale, sa controllare lo sguardo e i pensieri, sa dominare la collera, per non diventare una bestia inferocita.

Contrariamente a quanto sembra la virtù della temperanza non mortifica la libertà dell’uomo, ma la esalta. È una virtù essenzialmente affermativa perché rende la persona capace di essere padrona di se stessa, mette ordine nella sensibilità e nell’affettività, nei gusti, nei desideri e nelle tendenze. La temperanza indirizza le energie umane come gli argini del fiume e mette in moto le nostre forze.

La virtù della temperanza va insegnata attraverso un’educazione coraggiosa che punta su ciò che è essenziale. I genitori sobri trasmettono la gioia e la pace dell’anima. Se i figli notano che i genitori sono liberi dalle cose e rinunciano con eleganza e con gioia a ciò che ritengono un capriccio, impareranno il valore della temperanza e assimileranno l’atmosfera di libertà che si respira in famiglia.

Don Roberto

 



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